
Trump, Dazi e Politiche Economiche: Come l‘Europa Ha Guadagnato Sull‘America
Negli ultimi sei mesi, le politiche economiche dell'amministrazione Trump hanno profondamente influenzato gli equilibri globali, accentuando le tensioni tra Stati Uniti ed Europa. L'introduzione di dazi protezionistici su prodotti chiave come acciaio e alluminio è stata motivata dalla volontà di proteggere l’industria americana, ma ha avuto conseguenze significative: aumento dei costi produttivi, ritorsioni commerciali da parte di altri Paesi, calo dell’export e incertezza sugli investimenti esteri. La Federal Reserve, guidata da Jerome Powell, è stata limitata nella sua azione di stimolo economico a causa di queste tensioni commerciali, impedendo tagli ai tassi d’interesse che avrebbero potuto rilanciare l’economia statunitense.
Parallelamente, l’euro ha guadagnato un notevole 13% rispetto al dollaro nel primo semestre del 2025, effetto di una crescente fiducia nelle prospettive economiche europee, politiche fiscali più stabili e una finanza internazionale sempre più attratta dai mercati europei. Questo rafforzamento dell’euro ha reso più difficile per gli Stati Uniti l’export verso l’Europa, ne ha aumentato i costi di importazione e ha ridotto il ruolo centrale del dollaro come valuta di riferimento mondiale. Inoltre, la riforma fiscale di Trump, pur mirata a stimolare crescita e occupazione, ha aumentato significativamente il debito pubblico americano, condizioni che hanno spinto la Fed ad adottare una politica monetaria più cauta in un contesto complicato.
L'inflazione statunitense nel 2025 ha registrato una ripresa dovuta all’effetto combinato di costi di importazione più elevati, influenze indirette dei dazi, costi finanziari in aumento e incertezza sulle decisioni monetarie. Questi fattori hanno eroso il potere d'acquisto delle famiglie, riflettendosi in un calo del consenso popolare verso Trump, percepito come incapace di mantenere le promesse di crescita stabile. La risposta dei mercati globali non si è fatta attendere: capitali in fuga dagli asset americani verso quelli europei, consolidando la posizione dell'Europa come nuovo asse centrale della finanza mondiale e segnalando una possibile nuova fase degli equilibri economici internazionali, con importanti incognite per il futuro delle politiche statunitensi e globali.