
Export Manager: Nuove Sfide tra Dazi, Protezionismo e Instabilità Globale
Paragrafo 1
Nel nuovo contesto globale, l’attività dell’export manager è diventata fondamentale per la stabilità e la crescita delle imprese italiane sui mercati esteri. L’instabilità geopolitica, la volatilità dei tassi di cambio, l’aumento delle tensioni commerciali e la crescita delle politiche protezionistiche hanno sconvolto le dinamiche della globalizzazione, rendendo il commercio internazionale più complesso e rischioso. Strumenti come dazi, quote e regolamenti non tariffari si sono moltiplicati, ostacolando l’accesso ai mercati esteri e costringendo le aziende italiane a rivedere costantemente le proprie strategie di internazionalizzazione. In questo scenario incerto, la conoscenza dettagliata delle normative doganali, la capacità di negoziazione e una gestione puntuale dei rischi diventano requisiti imprescindibili per affrontare la concorrenza globale. Il ruolo dell’export manager si è così evoluto: da semplice venditore a regista delle strategie di export, responsabile dell’intera presenza estera aziendale, della compliance rispetto alle nuove regole e dell’individuazione delle migliori opportunità commerciali. L’attenzione deve essere posta non solo sui mercati tradizionali, ma anche su nuove aree geografiche in crescita, diversificando l’export per ridurre il rischio paese e cogliere i cambiamenti nel panorama globale.
Paragrafo 2
Le sfide contemporanee richiedono agli export manager competenze sempre più trasversali e una costante capacità di aggiornamento. L’ottenimento di risultati positivi passa attraverso soft skills come resilienza, flessibilità operativa, competenze digitali, capacità di gestione di team multiculturali e visione strategica. La crescente complessità del diritto doganale internazionale, la revisione delle normative e la forte digitalizzazione delle procedure impongono alle imprese investimenti continui nella formazione del personale preposto all’export. I professionisti più richiesti sono quelli in grado di coniugare conoscenze giuridiche, amministrative, gestionali e tecnologiche, capaci di adattarsi rapidamente ai mutamenti dello scenario commerciale globale. In Italia, la carenza di export manager completi – con esperienza internazionale e padronanza delle norme doganali – rappresenta ancora un ostacolo significativo. Per questo motivo, le aziende sono spesso costrette a investire nella formazione interna o a rivolgersi a percorsi specialistici, come master universitari e corsi ad hoc. Solo così possono ridurre il rischio di errori, migliorare i rapporti con i partner esteri e assicurare una presenza affidabile sui mercati globali.
Paragrafo 3
Le strategie vincenti per le imprese italiane che desiderano competere efficacemente all’estero devono poggiare su basi solide: diversificazione dei mercati, innovazione di prodotto, adozione di tecnologie digitali e collaborazione con partner locali affidabili. L’evoluzione del quadro regolamentare – incluse le recenti riforme del diritto doganale, che impongono maggiore trasparenza, digitalizzazione e compliance – obbliga le aziende a ripensare i propri modelli di business internazionali ed a introdurre soluzioni innovative per la tracciabilità dei flussi e la gestione delle pratiche doganali. L’export manager aggiornato diventa così una figura strategica e imprescindibile: solo chi sa anticipare i cambiamenti e guidare l’azienda attraverso le incertezze può garantire continuità operativa, crescita e affidabilità oltre confine. Per sostenere la competitività del Made in Italy, serve uno sforzo sinergico tra sistema imprenditoriale, enti di formazione e istituzioni pubbliche: l’obiettivo condiviso deve essere quello di creare professionalità export di alto livello, capaci di affrontare le sfide di un contesto internazionale sempre più competitivo, instabile e selettivo.