
Riforma Pensioni 2025 in Sicilia: Allarme dei Sindacati su Pensioni Basse per gli Ex Precari della Regione e degli Enti Locali
La riforma delle pensioni prevista per il 2025 ha acceso il dibattito in Sicilia, soprattutto a causa delle conseguenze che rischiano di abbattersi su migliaia di ex precari della Regione e degli Enti locali. Sindacati come Cisl Fp Sicilia e Csa-Cisal hanno denunciato con forza il pericolo di assegni pensionistici troppo bassi per coloro che, dopo aver lavorato anni con contratti atipici, sono stati stabilizzati nella pubblica amministrazione. La nuova normativa punta a rendere il sistema più uniforme ed equo, ma questa "uniformità" rischia di penalizzare chi ha una carriera caratterizzata da interruzioni, part-time e collaborazioni. Il problema è particolarmente sentito in Sicilia, dove il bacino degli ex precari pubblici è storicamente consistente. Questi lavoratori hanno spesso alle spalle storie di contribuzione frammentata e periodi limitati di copertura, elementi che si traducono ora nella concreta minaccia di pensioni ben al di sotto delle soglie di sussistenza. La discussione non è solamente tecnica o contabile, ma coinvolge aspetti profondi di giustizia sociale, coesione e dignità, rischiando di destabilizzare ulteriormente il tessuto sociale di una regione già segnata dalla crisi occupazionale e dagli squilibri sociali.
Cisl Fp Sicilia e Csa-Cisal sono in prima linea nella mobilitazione per chiedere interventi correttivi urgenti sulla riforma pensionistica. Le loro proposte vanno dalla valorizzazione dei periodi lavorativi svolti con contratti atipici, alla possibilità di ricongiungere gratuitamente i contributi frammentati, fino all’istituzione di fondi compensativi regionali in grado di attenuare il divario rispetto ai lavoratori a carriera lineare. Sindacati e lavoratori temono che il mancato adeguamento del sistema alle peculiarità delle carriere "travagliate" degli ex precari possa tradursi, a breve, in un incremento sensibile della povertà fra i pensionati in Sicilia. Uno studio di settore cita assegni mensili anche inferiori a 600 euro, insufficiente per mantenere un dignitoso tenore di vita. Il rischio sociale è reale: senza soluzioni, si teme una nuova emergenza con ricadute economiche e assistenziali, e un possibile aumento della conflittualità tra lavoratori e istituzioni. Per portare la questione all’attenzione della politica e dell’opinione pubblica, il 4 giugno i sindacati hanno promosso un presidio e un convegno a Palermo, coinvolgendo tutte le sigle per una vertenza unitaria che superi la mera logica emergenziale.
Dal fronte politico, al momento, le risposte concrete scarseggiano, nonostante attestati di solidarietà e promesse di ulteriore discussione. Questo immobilismo rischia di cristallizzare lo status quo, lasciando irrisolti i nodi principali: la sostenibilità delle pensioni degli ex precari, la tenuta del sistema di welfare regionale, e soprattutto la tutela della dignità di chi ha contribuito per anni al funzionamento delle istituzioni locali. Le possibili soluzioni sono ormai note: dalla ricongiunzione gratuita dei contributi, ai fondi integrativi, fino a una più ampia responsabilità autonoma della Regione Sicilia nella gestione delle politiche previdenziali. Senza un cambio di passo e l’approvazione di misure strutturali, secondo i rappresentanti sindacali, si rischia di consolidare un’area di disagio e marginalizzazione sociale nella popolazione anziana siciliana, gettando un’ombra sulla stessa coesione regionale. La riforma delle pensioni diventa quindi una sfida che coinvolge non solo i tecnici e i politici, ma l’intera società civile siciliana, chiamata a difendere diritti, futuro e giustizia sociale.