CBAM: Il nuovo dazio ambientale dell’UE che minaccia le imprese europee

CBAM: Il nuovo dazio ambientale dell’UE che minaccia le imprese europee

Il Carbon Border Adjustment Mechanism (CBAM) dell’Unione Europea rappresenta una delle novità più discusse nel panorama delle politiche ambientali e industriali europee. Pensato per contrastare il fenomeno del “carbon leakage” e garantire condizioni di concorrenza eque tra produttori UE e extra-UE, il meccanismo impone un dazio sulle importazioni di prodotti ad alto contenuto di CO2 provenienti da paesi con normative ambientali meno stringenti. L’obiettivo dichiarato è promuovere la decarbonizzazione e spingere anche mercati esterni verso standard più elevati, tutelando però al contempo la competitività delle industrie europee. Tuttavia, la misura è stata accolta con perplessità e timori da molte imprese, specie nei settori di base come siderurgia, cementifici e automotive, dove il rischio di aumento dei costi, perdita di competitività e chiusura delle attività è concreto. Le organizzazioni di categoria e figure di spicco come Antonio Gozzi mettono in guardia sui pericoli di una "doppia penalizzazione", vista la sovrapposizione tra ETS e CBAM, che rischia di colpire duramente l’industria europea proprio mentre si trova impegnata nella riconversione ecologica.

La struttura del CBAM si basa sull’obbligo per gli importatori di acquistare certificati proporzionali alle emissioni incorporate nei beni importati, replicando di fatto la logica del sistema europeo di scambio quote di emissioni (ETS). Prodotti come acciaio, cemento, alluminio, fertilizzanti ed energia elettrica sono già nell’ambito di applicazione, ma altri settori strategici – primo fra tutti l’automotive – potrebbero essere coinvolti in un futuro prossimo. Questo comporta una notevole complessità amministrativa, nonché costi supplementari per la certificazione dell’impronta carbonica dei singoli lotti di merce. La situazione si complica ulteriormente per le piccole e medie imprese, che, pur essendo per ora esentate, rischiano distorsioni competitive nel sistema: l’esclusione delle PMI dal CBAM potrebbe incentivare fenomeni di frazionamento e delocalizzazione produttiva, erodendo la coesione e la forza industriale europea.

Il dibattito tra Commissione Europea, istituzioni e mondo imprenditoriale resta molto acceso. Bruxelles insiste sulla necessità del CBAM per mantenere l’Europa all’avanguardia nella lotta al cambiamento climatico e prevenire la fuga delle emissioni, ma le industrie – anche sulla scia delle preoccupazioni espresse da Gozzi – sottolineano i limiti di una transizione troppo rapida e squilibrata rispetto agli standard globali. Il rischio è che politiche troppo rigide provochino una perdita di attrattività per investimenti e posti di lavoro, aggravando il divario competitivo con regioni come Stati Uniti e Asia, che procedono con maggiore gradualità o incentivazioni mirate. Le proposte di revisione puntano quindi a modulare il CBAM, estendendo i periodi di transizione, premiando le aziende virtuose e valutando gli impatti reali sulle singole filiere. La sfida per il futuro produttivo dell’Europa sarà trovare un equilibrio tra ambizione ambientale e sostenibilità economica, evitando che la rivoluzione green si trasformi in un boomerang per il tessuto industriale continentale.

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