
Batteri trasformano la plastica in antidolorifici: la svolta
La crescente emergenza dei rifiuti plastici, con centinaia di milioni di tonnellate prodotte annualmente, spinge scienziati e società verso soluzioni di riciclo più innovative. Le tecniche tradizionali non sono più sufficienti per contrastare l'accumulo di plastica nei nostri mari, città e campagne. In questo scenario si inserisce una svolta rivoluzionaria: l'ingegneria metabolica dei batteri. Un'équipe dell’Università di Edimburgo, sfruttando i più recenti avanzamenti biotecnologici, ha sviluppato un metodo per convertire bottiglie di plastica PET in paracetamolo, uno degli antidolorifici più usati al mondo. Attraverso la manipolazione genetica di Escherichia coli, i ricercatori sono riusciti a trasformare i prodotti della degradazione della plastica in molecole di interesse medico. Questo processo biochimico comprende la degradazione enzimatica del PET, l’assimilazione dei monomeri da parte dei batteri modificati e la successiva sintesi del farmaco, chiudendo il ciclo dei materiali da rifiuto a risorsa terapeutica.
I test di laboratorio hanno prodotto risultati straordinari: la resa del processo ha raggiunto il 92%, ben superiore alle pratiche convenzionali di riciclo. Questi dati, pubblicati sulla rivista _Nature Chemistry_, aprono scenari inediti sia per la gestione dei rifiuti sia per la produzione farmaceutica sostenibile. Invece di limitarsi al riuso della plastica per la creazione di nuovi oggetti a basso valore, la tecnologia sviluppata valorizza la plastica come materia prima per farmaci. Questa visione trasforma radicalmente il concetto di riciclo, creando filiere industriali ad alto impatto economico e sociale e rafforzando modelli di green economy. In prospettiva, la bioproduzione di farmaci da rifiuti plastici potrebbe portare grandi benefici: abbattimento dei costi, minori emissioni climalteranti, decentralizzazione della produzione e nuova sicurezza sanitaria, specialmente nei paesi emergenti. Un simile approccio, una volta industrializzato, promette una vera rivoluzione nella medicina verde, unendo economia circolare e salute pubblica.
Nonostante le enormi potenzialità e l’eccellenza internazionale dell’Università di Edimburgo, restano sfide cruciali: la scalabilità su vasta scala, la sicurezza dei batteri modificati, l’adattamento normativo e i costi iniziali ancora elevati. Per superare queste barriere serviranno collaborazione tra centri di ricerca, industria farmaceutica e istituzioni. Anche l’Italia è coinvolta, grazie a gruppi di ricerca e partnership internazionali orientate all’ingegneria metabolica e al riciclo avanzato. La riuscita di questa tecnologia non solo rilancia la competitività e la responsabilità sociale dell’industria farmaceutica, ma apre anche prospettive inedite per la sensibilizzazione ambientale: trasformare la plastica da problema a risorsa utile, stimolando nuovi paradigmi culturali. In sintesi, la biotrasformazione della plastica in farmaci rappresenta un primo passo verso un futuro dove salute, sostenibilità e qualità della vita saranno strettamente interconnesse grazie all’innovazione scientifica.