Ricercatori in Giappone: Lavoro precario oltre ogni soglia

Ricercatori in Giappone: Lavoro precario oltre ogni soglia

Il panorama della ricerca accademica in Giappone, secondo un recente rapporto del Ministero dell’Istruzione, è dominato da una profonda instabilità per la maggior parte dei ricercatori universitari. Oltre l’80% dei giovani ricercatori rimane intrappolato in posizioni lavorative temporanee anche dopo dieci anni di attività nel settore, e solo una minima parte riesce a ottenere contratti stabili. Questo fenomeno si è accentuato nonostante l’introduzione nel 2014 del Labour Contract Act, che avrebbe dovuto favorire il passaggio a impieghi permanenti ma che di fatto ha allungato la durata della precarietà e incentivato le università a non rinnovare i contratti prima della scadenza prevista. Le conseguenze si riflettono non solo sulle singole carriere, con un’altissima percentuale di ricercatori costretti a cambiare lavoro o addirittura settore, ma anche sulla qualità e l’innovazione prodotte dalla ricerca giapponese, minacciando la competitività internazionale del paese.

Dietro questa situazione vi sono ragioni strutturali ed economiche: la contrazione dei fondi pubblici destinati alla ricerca, lo scarso sostegno politico per la valorizzazione delle professioni scientifiche e una cultura accademica estremamente competitiva, che preferisce la flessibilità della forza lavoro a tempo determinato piuttosto che investire in posti stabili. Le università, per lo più, giustificano la mancata stabilizzazione con la necessità di promuovere un ambiente di ricerca dinamico e innovativo, favorendo il ricambio generazionale e la mobilità interna. Tuttavia, questi obiettivi si scontrano spesso con la realtà di una progressiva fuga dei talenti, in particolare dei giovani ricercatori, all’estero, determinata dalla crescente incertezza e dall’assenza di prospettive a lungo termine. L’impatto sociale riguarda anche la difficoltà per i giovani scienziati di pianificare progetti di vita e di ricerca di ampio respiro, impoverendo il capitale umano nazionale.

Il confronto con altri paesi mostra quanto il Giappone sia indietro nelle politiche di tenure e valorizzazione dei ricercatori: mentre in Europa e negli Stati Uniti esistono percorsi trasparenti e incentivi concreti per la crescita professionale, in Giappone la precarietà resta la norma. Le prospettive di soluzione indicate dagli esperti includono una ridefinizione dei sistemi di valutazione e promozione, incentivi economici alle istituzioni che convertono contratti temporanei in permanenti, e maggiori investimenti pubblici nella ricerca. Riforme strutturali sono essenziali per garantire la sostenibilità del settore, attrarre e trattenere talenti e restituire dignità e certezza di carriera alle nuove generazioni di ricercatori, condizione imprescindibile per rilanciare il ruolo della ricerca giapponese su scala globale.

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