
Università britanniche e libertà accademica: una crisi aperta
Il rapporto della professoressa Alice Sullivan mette in evidenza una grave crisi della libertà accademica nelle università britanniche, specialmente riguardo agli studiosi gender-critical. Questi ricercatori, che adottano posizioni critiche verso le teorie dell’identità di genere, sono spesso vittime di molestie, ostracismo e intimidazioni, sia da colleghi sia da studenti, con conseguenze pesanti sulla loro carriera e sul loro benessere emotivo. Le istituzioni universitarie risultano frequentemente inadeguate nella loro protezione, con una cultura che privilegia l’evitamento del conflitto a discapito della tutela della libertà di espressione.
Questa situazione ha generato un clima ostile e numerose barriere alla libera ricerca, creando un ambiente di autocensura e paura tra studiosi, in particolare tra i più giovani o precari. Le politiche universitarie sono chiamate a dover trasformarsi profondamente, adottando procedure chiare, sanzioni efficaci e formazione specifica per contrastare le molestie e tutelare il diritto di espressione. In vista della nuova legge sulla libertà di parola, prevista per agosto 2025, si auspica un rafforzamento delle garanzie a favore dei ricercatori e misure per prevenire e sanzionare comportamenti intimidatori.
Il dibattito accademico rimane acceso, con posizioni diverse sulla portata e l’impatto della normativa, ma si concorda sulla necessità di preservare un ambiente pluralistico e inclusivo in cui la libertà accademica sia garantita senza confondere il diritto di espressione con l’offesa. I prossimi mesi saranno cruciali per valutare l’applicazione delle nuove norme e la capacità degli atenei britannici di sostenere la diversità di opinioni come elemento fondamentale del progresso scientifico e sociale.