Bravi a scuola, feroci di notte: la doppia vita delle baby gang 'perbene' del Nord Italia
Negli ultimi anni, il Nord Italia ha visto emergere un allarmante fenomeno di baby gang 'perbene', composte da ragazzi provenienti da famiglie benestanti che conducono una doppia vita: modelli di eccellenza scolastica di giorno, aggressori violenti di notte. Questo cambia radicalmente la percezione della criminalità minorile, che non è più confinata ai contesti di disagio sociale ma investe anche ambienti agiati e integrati. Episodi recenti a Monza, dove cinque giovani hanno brutalmente aggredito un coetaneo per pochi soldi, e la presenza a Milano di un istigatore ventenne che spinge minorenni a commettere crimini, sono esempi emblematici che evidenziano come questa nuova forma di violenza giovanile sfidi le attuali categorie sociologiche e di sicurezza urbana.
Le motivazioni dietro l'impennata di violenza tra i figli di imprenditori e professionisti spaziano dalla noia esistenziale, alla ricerca di trasgressione ed emozioni forti, alla carenza di dialogo familiare e all'influenza dei media e dei social network. Questi giovani cercano appartenenza nei gruppi, trasformando le baby gang in scenari di violenza quasi normalizzata, con un notevole impatto sociale che alimenta paura e insicurezza nelle comunità. L'assenza di un controllo sociale tradizionale rende più arduo il compito delle istituzioni nel prevenire e gestire la criminalità minorile in questo nuovo formato.
Le risposte istituzionali si orientano verso un mix di maggiori controlli, programmi di educazione alla legalità, sportelli psicologici e un coinvolgimento attivo delle famiglie, chiamate a rafforzare il dialogo e la vigilanza educativa. Soluzioni efficaci richiedono una strategia integrata e collaborativa fra scuole, enti locali, associazioni e forze dell’ordine per offrire alternative di aggregazione positiva e prevenire l'escalation della violenza giovanile. Solo così il futuro delle città del Nord Italia potrà essere caratterizzato da sicurezza e fiducia, superando i pregiudizi e riconoscendo la complessità del disagio giovanile anche nelle fasce sociali più elevate.