Controllo dei Computer Aziendali: Come Funziona, Quando è Ammesso e i Limiti della Sorveglianza Retroattiva
Il controllo dei computer aziendali è una pratica sempre più diffusa per garantire sicurezza e produttività sul posto di lavoro, ma presenta delicate implicazioni riguardo alla privacy dei lavoratori. Esso consiste nell'analisi dell'attività svolta tramite i dispositivi aziendali, come file consultati, cronologia di navigazione e uso della posta elettronica, al fine di prevenire comportamenti illeciti o uso improprio. Tuttavia, questo controllo è soggetto a precise norme: in Italia, lo Statuto dei Lavoratori e il GDPR stabiliscono che il monitoraggio sia giustificato da esigenze organizzative o di sicurezza, trasparente e proporzionato, con obbligo di preventiva informativa ai dipendenti.
Le finalità del monitoraggio includono la protezione dai rischi di fuga di dati e la sicurezza informatica, ma i controlli non devono ledere la sfera privata. Ad esempio, l'uso di keylogger è spesso ritenuto eccessivo, mentre verifiche sulla posta aziendale sono ammesse se proporzionate. Fondamentale è l'informativa fornita ai lavoratori, che deve chiarire quali dati vengono raccolti e per quali scopi. Per quanto riguarda il controllo retroattivo, cioè l'analisi di attività precedenti alla notifica, la giurisprudenza tende a consentirlo solo in casi eccezionali e con finalità legittime, previa informativa e con particolare cautela.
I casi giudiziari recenti confermano che un uso improprio del PC può giustificare il licenziamento, purché il controllo sia lecito e trasparente. Importante è il bilanciamento tra diritto aziendale al controllo e tutela della privacy del lavoratore: quest'ultimo ha diritto a essere informato, accedere ai propri dati e opporsi a controlli ingiustificati. Infine, per evitare contenziosi, le aziende devono adottare policy chiare e coinvolgere le rappresentanze sindacali, mentre i lavoratori devono rispettare le regole di uso corretto dei dispositivi.