
A 20 anni docente di ruolo: il record di Stefano Mascialino
Stefano Mascialino, a soli vent’anni, è diventato il più giovane docente di ruolo d’Italia, assumendo l’incarico di Insegnante Tecnico Pratico presso l'istituto Galilei-Costa-Scarambone di Lecce, proprio dove aveva conseguito il diploma. Il suo percorso è emblematico: ha concluso le superiori in soli quattro anni, candidandosi appena diciassettenne al concorso scuola PNRR1, superando con successo tutte le selezioni e giungendo infine all’assunzione a tempo indeterminato, caso unico nella scuola italiana. Questo primato porta con sé una forte carica simbolica, sollevando domande sul reclutamento, sulle condizioni di accesso dei giovani all'insegnamento e su un precariato diffuso che interessa quasi 200 mila docenti in attesa di stabilizzazione. La vicenda di Mascialino si intreccia con la realtà di tanti insegnanti più anziani, i cosiddetti "precari anta", che inseguono da decenni il sogno dell’immissione in ruolo senza riuscire ad ottenere un posto stabile, compromettendo spesso sia la loro vita privata che la soddisfazione professionale. Nel solco di una scuola che fatica a garantire procedure regolari e trasparenti, la storia di Mascialino diventa così un potente spartiacque tra generazioni diverse, uno stimolo concreto a rinnovare i processi di assunzione.
Il sistema delle immissioni in ruolo italiano si dimostra spesso macchinoso e lento: tra iscrizioni alle graduatorie, concorsi ordinari e straordinari, supplenze che si prolungano per anni e scorrimenti infiniti delle liste, il cammino verso la stabilità è costellato di ostacoli. L’eccezionalità del caso Mascialino – che ha beneficiato delle misure contenute nel PNRR, progettate proprio per accelerare il turnover e valorizzare merito e competenze specifiche – fa emergere tutte le distorsioni di una scuola che raramente premia con tempi rapidi i talenti più giovani. La certezza di questa giovane assunzione mette ancora più in risalto l’esclusione generazionale, il disagio e la frustrazione dei precari storici che, pur accumulando punti e titoli per decenni, sono ancora bloccati da una burocrazia poco lungimirante. Il modello di reclutamento futuro dovrà inevitabilmente trampare le distanze tra giovani e “precari anta”, offrendo sia opportunità di accesso immediato sia piani di stabilizzazione che valorizzino l’esperienza acquisita nel tempo: occorre più programmazione nei concorsi, percorsi di mentorship per i neoassunti, e un riconoscimento reale delle competenze, senza penalizzare chi ha investito anni nella propria formazione e nella scuola.
Trovarsi a insegnare, con entusiasmo e responsabilità, a vent’anni comporta sfide non indifferenti: Stefano Mascialino, poco più adulto dei suoi studenti, si misura ogni giorno con la necessità di affermare credibilità e autorevolezza, costruire relazioni professionali equilibrate con colleghi esperti, aggiornarsi costantemente sul piano didattico e pedagogico. Al contempo, questo esempio evidenzia come la scuola italiana abbia bisogno di giovani inseriti, motivati e aggiornati, capaci di declinare la didattica laboratoriale, digitale e innovativa, e di parlare la stessa "lingua" delle nuove generazioni. Tuttavia, il rischio che casi come quello di Mascialino rimangano a lungo isolati è concreto, se non si interverrà affinché l’accesso all’insegnamento diventi per tutti realmente meritocratico e trasparente. Le testimonianze raccolte nel mondo della scuola oscillano tra entusiasmo per la novità e il desiderio di equità: occorre trovare un equilibrio in grado di assicurare condizioni dignitose sia ai giovani sia ai precari anziani. Solo con una riforma strutturale, che favorisca contemporaneamente cicli concorsuali regolari, percorsi differenziati e investimenti in formazione, la scuola pubblica potrà tornare ad essere, per studenti e docenti, un luogo di reale crescita, giustizia e innovazione.