
Bullismo e cervello: cosa rivela la neuroscienza sulle risposte neurali e gli effetti sulla salute mentale
Il bullismo costituisce una sfida critica sia sociale che neuroscientifica, coinvolgendo forme di aggressione fisica, verbale e psicologica che colpiscono prevalentemente contesti scolastici e online. Lo studio condotto dall’Università di Turku ha utilizzato tecniche avanzate come l’eye tracking e il neuroimaging per analizzare come il cervello degli adolescenti reagisca a scene di bullismo rispetto a situazioni neutre. Questo approccio ha permesso di identificare l’attivazione di reti neurali sociali ed emotive specifiche, fondamentali per comprendere i meccanismi sottostanti alle risposte emotive e cognitive associate al fenomeno.
I risultati evidenziano come l’esposizione al bullismo induca un aumento dell’attività in aree cerebrali quali l’amigdala e la corteccia prefrontale, responsabili della gestione della paura, dell’emergere di stati di allerta e della valutazione sociale. L’eye tracking ha inoltre rivelato pattern oculari caratteristici di disagio e tensione, sottolineando l’impatto sia conscio che inconscio di tali esperienze. Questi dati neurofisiologici svelano inoltre persistenti attivazioni nelle reti dello stress e dell’empatia, con implicazioni dirette per lo sviluppo di ansia, depressione e disturbi psicosomatici nelle vittime e anche negli spettatori.
L’analisi neuroscientifica del bullismo suggerisce l’urgenza di strategie di prevenzione e intervento basate sulla comprensione delle dinamiche cerebrali coinvolte. L’ambiente scolastico emerge come terreno privilegiato per attivare programmi di sensibilizzazione, formazione e supporto psicologico mirato. Pur riconoscendo limiti metodologici, come la rappresentatività del campione e la natura simulata degli stimoli, la ricerca di Turku apre nuove prospettive per integrare conoscenze neuroscientifiche nella lotta a un fenomeno dalle ricadute sia sociali che biologiche.