
Dall’altra parte dell’Atlantico al Nord Italia: il fumo degli incendi in Canada oscura la Valle d’Aosta
L’8 giugno 2025 la Valle d’Aosta è stata avvolta da una foschia inattesa, insolita per l’ambiente alpino noto per i suoi cieli puliti. Subito è emerso il sospetto che questo fenomeno non fosse locale, ma avesse radici molto più lontane: le analisi atmosferiche hanno infatti concluso che si trattava di particolato e fumi sprigionati dai vasti incendi boschivi del Canada. Durante la primavera e l’inizio dell’estate, oltre due milioni di ettari di foresta canadese sono bruciati, liberando nell’aria enormi quantità di polveri sottili. L’azione combinata di siccità prolungata, temperature record e forti venti – tutti elementi collegati al riscaldamento globale – ha favorito incendi di portata eccezionale. Le ricerche condotte da ARPA Piemonte e laboratori regionali hanno identificato nei campioni dell’aria della Valle d’Aosta marcatori chimici tipici degli incendi canadesi, come il levoglucosano, confermando quindi l’origine transatlantica del particolato. Modelli meteorologici avanzati, come HYSPLIT, hanno evidenziato come le masse d’aria cariche di polveri abbiano viaggiato per migliaia di chilometri attraversando l’Atlantico e la Francia prima di depositarsi sul Nord Italia, rendendo trasparenti i meccanismi di un’atmosfera ormai globale e interconnessa.
L’arrivo del particolato canadese ha comportato un evidente peggioramento della qualità dell’aria in Valle d’Aosta e altre regioni settentrionali italiane. I livelli di PM10 e PM2.5 sono infatti aumentati ben sopra le medie stagionali, a rischio soprattutto per anziani, bambini e soggetti già deboli di salute. Si è così creato un allarme pubblico, con le autorità che hanno emanato segnalazioni e linee guida a tutela della popolazione. Da un punto di vista scientifico, questo evento sottolinea come i confini geografici non rappresentino alcuna barriera per l’inquinamento atmosferico e i rischi correlati, e al tempo stesso rafforza la necessità di una rete di monitoraggio sempre più sofisticata, che sappia intercettare e spiegare rapidamente fenomeni di questo tipo. Gli esperti sottolineano anche come tali episodi siano destinati ad aumentare in frequenza e intensità a causa degli effetti del cambiamento climatico, che innalza il rischio di incendi boschivi estremi su scala globale, non solo in Canada, ma anche in Europa, Siberia e negli Stati Uniti. Oltre ai rischi diretti per la salute, esistono anche impatti ambientali sugli ecosistemi locali e sulle risorse naturali, poiché le sostanze tossiche possono depositarsi su suoli, vegetazione e corsi d’acqua, modificando in modo permanente l’ambiente.
Di fronte a questi fenomeni, emerge chiaramente la necessità di una risposta internazionale integrata su diversi piani: scientifico, istituzionale e politico. Le recenti crisi, come quella vissuta in Valle d’Aosta, impongono una gestione sempre più coordinata tra i Paesi, sia nella prevenzione e gestione degli incendi boschivi sia nello scambio tempestivo di dati su inquinanti e traiettorie atmosferiche. Inoltre, cresce il dibattito sulla gestione forestale: sono necessari interventi di selezione, rimozione di materiale morto e trasporto di nuove tecnologie di monitoraggio direttamente nei boschi più remoti. Questo evento rappresenta un campanello d’allarme sulla necessità di affrontare in modo sistemico i rischi del cambiamento climatico, incentivando la ricerca, rafforzando i protocolli di prevenzione e coinvolgendo le comunità nella lotta agli effetti nocivi dei fenomeni atmosferici globali. Solo con un’azione collettiva e innovazioni tecnologiche si potranno prevenire efficacemente simili emergenze in futuro.