
Differenza salariale tra laureati e non laureati: quali lauree fanno davvero la differenza secondo University Report 2025
Nel mercato del lavoro italiano contemporaneo, il titolo di studio universitario continua a rappresentare una leva fondamentale per accedere a opportunità professionali più remunerative rispetto ai diplomi di scuola superiore o altri percorsi non accademici. Secondo i dati più recenti del University Report 2025, emerge una differenza salariale media annua di circa 12.000 euro fra laureati e non laureati: 41.716 euro lordi contro 30.063 euro rispettivamente. Questo divario, quando analizzato sull’arco di una carriera di trent’anni, può raggiungere e superare 300.000 euro complessivi, sottolineando quanto la laurea si configuri come un vero e proprio investimento economico a lungo termine e non solo come un risultato personale. Tuttavia, il panorama retributivo non è omogeneo: le chance di guadagnare stipendi più elevati aumentano in relazione all’inquadramento professionale, alla rilevanza del percorso accademico scelto, alla tipologia di azienda e al settore di inserimento. Settori che richiedono alta specializzazione e difficilmente reperibili sul mercato del lavoro abbinano alla laurea benefit accessori, premi e prospettive di carriera più solide. Per questo, l’orientamento nella scelta universitaria assume un peso crescente, dovendo ormai conciliare aspirazione personale, esigenze di mercato e domande di nuove competenze.
Non tutte le lauree, però, garantiscono le stesse opportunità e lo stesso livello retributivo. I dati dell’University Report 2025 individuano un chiaro vantaggio per i percorsi STEM: lauree in ingegneria, economia, matematica e informatica permettono di superare la media nazionale, con stipendi iniziali che spesso si collocano oltre i 35.000 euro lordi annui, soprattutto nel caso di ingegneri chimici, gestionali, economisti, matematici e informatici. Questa tendenza positiva è rafforzata dall’evoluzione costante del mercato del lavoro, che richiede figure in grado di adattarsi rapidamente ai cambiamenti tecnologici e gestire processi complessi. Inoltre, il possesso di master di secondo livello e titoli post-laurea di qualità aumenta ulteriormente il potenziale di guadagno: chi prosegue nella formazione arriva frequentemente a stipendi medi di oltre 51.000 euro l’anno e migliori possibilità di approdare a posizioni manageriali o ruoli di leadership. Tuttavia, il contesto produttivo territoriale e il continuo mismatch tra formazione universitaria e esigenze delle imprese generano disparità, rendendo alcune lauree un investimento maggiormente redditizio rispetto ad altre.
La disparità salariale e occupazionale, seppur attestata da dati medi positivi, resta uno dei problemi chiave del sistema formativo italiano. Accedere a stipendi elevati e posizioni di prestigio è fortemente influenzato dal percorso di studi, ma anche dal bilanciamento tra competenze specialistiche e soft skills, fondamentali nel contesto attuale. Le aziende cercano sempre di più profili flessibili, capaci di apprendere rapidamente, lavorare in team e risolvere situazioni complesse: investire nello sviluppo delle soft skills può dunque fare la differenza, anche a parità di titolo di studio. La corretta scelta del percorso di studi, supportata da una valutazione attenta dei dati retributivi forniti dal report e delle tendenze occupazionali, si rivela essenziale per ridurre i rischi di sottoccupazione o periodi di inattività. In conclusione, la laurea resta un investimento solido e premiante, a patto che si scelgano indirizzi in linea con la domanda del mercato e si rimanga aperti a un costante aggiornamento professionale post-universitario.