Giambattista Vico, Chesterton e la barbarie che ritorna: rileggere il passato per comprendere il presente digitale

Giambattista Vico, Chesterton e la barbarie che ritorna: rileggere il passato per comprendere il presente digitale

Paragrafo 1:
Giambattista Vico, filosofo napoletano del XVIII secolo, ha sviluppato una filosofia della storia basata su cicli ricorrenti di sviluppo umano che alternano età degli dei, degli eroi e degli uomini, includendo inevitabilmente periodi di decadenza e barbarie. Contrariamente al progresso lineare, Vico vede la storia come un processo costruito dalla memoria collettiva e dalle tradizioni, nel quale la barbarie è un fenomeno interno e ricorrente, non solo un’insidia esterna. Questa visione critica rifugge dal pensiero ingenuo del progresso e sottolinea come le crisi culturali siano parte integrante della dinamica storica, richiedendo un’interpretazione che dia centralità alla continuità e alla caducità delle civiltà.

Paragrafo 2:
Marcello Veneziani, nel suo recente libro su Vico, ripropone questo pensiero in chiave contemporanea, con particolare attenzione alla cosiddetta "barbarie interna", un concetto che richiama il degrado morale e culturale animato dall’erosione delle istituzioni fondamentali come famiglia e scuola. Veneziani evidenzia la sostituzione delle vecchie élite con i "chierici armati di tablet": figure digitali come influencer e tecnici che rischiano di impoverire il pensiero critico e la memoria storica. Attraverso il confronto con G.K. Chesterton, Veneziani rinnova la diagnosi sulla crisi delle civiltà occidentali, dove la perdita di radici storiche espone la società moderna a un decadimento che si manifesta nella cultura liquida, nell’individualismo e nell’arroganza tecnologica.

Paragrafo 3:
La distinzione di Vico fra barbarie interna ed esterna si rivela straordinariamente attuale nell’epoca digitale, in cui l’innovazione tecnologica non garantisce più un progresso sociale lineare ma può alimentare smarrimento e fragilità culturale. L’enfasi sulla cultura patriarcale, spesso criticata, è riletta da Veneziani come il tessuto fondante che ha storicamente preservato l’ordine sociale, mentre la memoria storica rappresenta l’antidoto contro l’oblio e la decadenza. La filosofia viquiana quindi si pone come bussola per orientarsi nel presente complesso, suggerendo una pedagogia del limite e della responsabilità per contrastare l’insidiosa barbarie che si annida dentro le trasformazioni digitali, ribadendo così la necessità di un rinnovato senso comunitario e storico per la sopravvivenza della civiltà.

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