
Il Femminicidio di Martina Carbonaro: La Voce delle Scuole e la Sfida del Rispetto
Martina Carbonaro, studentessa quattordicenne di Afragola, è l’ennesima vittima di un femminicidio che scuote profondamente la società italiana, l’ambiente scolastico e la comunità napoletana. La brutale uccisione da parte dell’ex fidanzato, anch’egli minorenne, ha scatenato sgomento, dolore e indignazione. La tragedia mette in luce quanto la scuola sia spesso il primo luogo di riflessione e confronto su temi come il rispetto, la parità di genere e la violenza tra adolescenti. Eppure, come sottolineato anche dalle parole della professoressa di Martina, la scuola troppo frequentemente si trova disarmata: ai docenti è affidato un compito fondamentale, quello di educare alla non violenza e al rispetto, ma senza strumenti concreti e protocolli chiari risulta difficile intervenire e prevenire tragedie simili. L’assenza di una vera rete di supporto istituzionale e la carenza di formazione e risorse diventano ostacoli insormontabili per chi cerca quotidianamente di garantire la sicurezza e il benessere degli studenti nelle scuole più esposte ai rischi sociali.
Il femminicidio di Martina Carbonaro rappresenta la drammatica punta di un fenomeno purtroppo in crescita: la violenza di genere tra minorenni. Negli ultimi anni, infatti, si registra un aumento dei casi in cui le vittime sono adolescenti, spesso aggredite o uccise da coetanei od ex fidanzati. Afragola, città già ferita da numerose criticità sociali e criminalità diffusa, diventa il simbolo di una battaglia che non riguarda solo la scuola ma l’intera società. I dati preoccupanti sulla violenza di genere in Campania e, in particolare, nella provincia di Napoli, evidenziano l’urgenza di un’azione corale. Serve un cambiamento culturale che parta dall’educazione ma che sia sostenuto da strumenti concreti, reti di protezione efficaci e una collaborazione costante tra scuola, famiglie, istituzioni e centri antiviolenza. Solo così si può sperare di fermare questa spirale e affrontare i segnali di disagio e rischio sin dai primi sintomi tra i giovanissimi.
La risposta della comunità scolastica alla morte di Martina si traduce in una richiesta potente: più strumenti, formazione, risorse e alleanza tra tutti gli attori educativi e sociali. La scuola non può essere lasciata sola di fronte a una simile emergenza: servono psicologi, sportelli d’ascolto, protocolli rapidi di segnalazione, formazione obbligatoria sui temi della violenza di genere e, soprattutto, il coinvolgimento attivo delle famiglie. Non basta più sensibilizzare gli studenti, occorre anche proteggere efficacemente le ragazze e i ragazzi, costruendo una fitta rete di sicurezza e sostegno. In memoria di Martina, è fondamentale che il cordoglio si trasformi in azione: educare al rispetto significa assumersi una responsabilità collettiva e sociale, attraverso interventi sistematici e sinergici che prevengano nuovi casi e garantiscano finalmente una reale sicurezza dentro e fuori la scuola.