
Innovazione e ritardi: l'Italia davanti alla sfida della trasformazione digitale delle imprese entro il 2030
L’Italia si trova di fronte a una grande sfida in vista del 2030: accelerare la trasformazione digitale delle imprese, in particolare nell’adozione dell’intelligenza artificiale (IA). Mentre la media UE prevede che il 75% delle aziende utilizzerà l’IA entro questa data, in Italia si stima che solo il 60% sarà pronta, evidenziando un notevole divario. Questo ritardo è attribuibile soprattutto alla prevalenza di piccole e medie imprese (PMI) con risorse limitate, a un’infrastruttura digitale non ancora omogenea e a una cultura aziendale spesso restia al cambiamento tecnologico. Ulteriori difficoltà emergono dall’accesso limitato ai finanziamenti per l’innovazione. La pressione, tuttavia, arriva anche dalla società civile: il 73% degli italiani auspica una pubblica amministrazione (PA) più digitalizzata e moderna, condizione che potrebbe favorire la competitività e la semplificazione dei servizi. La digitalizzazione pubblica, sostenuta dai fondi PNRR e programmi UE, è fondamentale per ridurre la burocrazia e migliorare l’efficienza, ma l’attuazione pratica richiede un monitoraggio costante e professionisti adeguatamente formati. In questo scenario, Milano emerge come centro di eccellenza, trainando l’innovazione nazionale in un contesto ancora troppo disomogeneo tra Nord e Sud.
Un altro aspetto cruciale riguarda il capitale umano: solo il 4% della forza lavoro italiana possiede competenze tecnologiche avanzate, un dato ben al di sotto della media europea e degli standard richiesti dal mercato globale. Le carenze hanno origine sia dal sistema educativo, che fatica a inserire discipline STEM in modo efficace, sia dal limitato ricorso alla formazione continua, ambito in cui l’Italia è tra i fanalini di coda in Europa. L’università italiana, inoltre, offre una formazione frammentata, poco interdisciplinare e spesso distaccata dalle esigenze del mercato. I programmi di aggiornamento professionale per i lavoratori, specie adulti, non sono ancora strutturati in modo capillare. La Commissione UE ha riconosciuto i passi avanti dell’Italia (69% delle raccomandazioni accolte nel 2024), ma sottolinea la necessità di accelerare sugli aspetti qualitativi: alfabetizzazione digitale di massa, collaborazione pubblico-privato, riduzione dei divari territoriali e accesso semplificato ai fondi. La sfida, nel prossimo quinquennio, sarà dunque fare sistema, superare i ritardi strutturali e garantire che le opportunità del digitale siano realmente accessibili a tutte le fasce della popolazione e alle diverse realtà produttive.
Le strategie per colmare il gap digitale sono molteplici e devono essere integrate lungo tutta la filiera: dalla scuola al mondo del lavoro, dal supporto alle PMI all’innovazione nelle grandi città e nelle aree interne. Bisogna investire su infrastrutture smart (5G, data center, cloud), semplificare le procedure per le imprese, rafforzare la formazione tecnica sin dalla primaria e favorire la collaborazione tra università e aziende. È fondamentale anche promuovere la cultura dell’innovazione e fornire incentivi concreti alla riqualificazione della forza lavoro adulta. L’obiettivo è non solo recuperare la distanza con l’Europa, ma offrire un modello di sviluppo sostenibile, inclusivo e competitivo. Solo un’azione coordinata tra istituzioni, imprese e società potrà colmare il digital divide e garantire un futuro digitale a misura d’Italia. Il cammino è ancora lungo e complesso, ma rappresenta un’opportunità decisiva per il rinnovamento sociale ed economico del Paese.