
La battaglia sui dazi di Trump contro Apple: la sentenza della Corte e le ripercussioni sul mercato tecnologico
La sentenza della Corte del Commercio Internazionale del 29 maggio 2025 segna un momento cruciale nella recente storia delle politiche commerciali statunitensi. Bloccare i dazi imposti da Donald Trump contro prodotti chiave di Apple significa porre per la prima volta dei limiti concreti al potere presidenziale in materia economica. Al centro della controversia c’è la questione delle competenze: la Corte ha stabilito che l’imposizione di dazi non può avvenire senza un coinvolgimento esplicito del Congresso, richiamando l’attenzione su un principio essenziale nella costituzione americana, ovvero il bilanciamento tra i poteri esecutivo e legislativo. La vicenda si inserisce in una fase già segnata da tensioni commerciali tra Washington e Pechino, con le grandi aziende tecnologiche americane costrette a navigare tra incertezze normative e rischi economici. Proprio Apple, pur avendo una parte della produzione in patria, dipende fortemente da fornitori in Asia, e la prospettiva di dazi aumentati genera uno scenario di instabilità per tutto il comparto, evidenziando come le decisioni presidenziali possano avere effetti immediati e globali.
La minaccia concreta formulata da Donald Trump di introdurre una tariffa aggiuntiva del 25% contro Apple avrebbe avuto ripercussioni notevoli tanto per il mercato quanto per i consumatori americani. In particolare, il prezzo dell’iPhone 16 Pro Max sarebbe potuto salire fino a 4.300 dollari, segnale tangibile delle distorsioni di mercato indotte dalle guerre dei dazi. Un tale incremento di costo avrebbe portato a una diminuzione delle vendite dei modelli più avanzati, una crescita della domanda di dispositivi non colpiti da tariffe e una perdita di competitività globale per Apple rispetto ai concorrenti asiatici. Queste mosse tariffarie si innestano nel più ampio dibattito sul ruolo e sui limiti del potere presidenziale, con il Congresso chiamato a riaffermare il proprio peso nella formulazione delle politiche commerciali. La reazione del mercato finanziario, tra volatilità e incertezza, riflette le difficoltà di pianificazione di aziende e investitori costretti a confrontarsi con regole in rapida e spesso imprevedibile evoluzione. Anche il tentativo della Corte d’Appello di ripristinare rapidamente i dazi a poche ore dalla sentenza sottolinea l’instabilità normativa in un settore chiave come quello tecnologico.
Le conseguenze di questo conflitto sui dazi si estendono dal consumatore comune, penalizzato da prezzi più alti e da un minore incentivo all’innovazione, fino all’economia globale nel suo insieme. L’irrigidimento delle barriere commerciali rischia di compromettere le catene di approvvigionamento a livello internazionale e di provocare reazioni a catena – come ritorsioni tariffarie e variazioni dei flussi di investimento – ben oltre i confini statunitensi. Aziende come Microsoft, Google, Tesla e Intel sono già sotto pressione e valutano strategie di diversificazione produttiva per minimizzare rischi futuri. Intanto, Wall Street e le principali borse mondiali reagiscono agli sviluppi con nervosismo, mentre la comunità internazionale segue con attenzione l’evolversi della crisi. La vicenda lascia aperti interrogativi importanti: come si evolverà il rapporto tra presidente e Congresso sulle politiche dei dazi? Come si tuteleranno imprese e utenti da nuove ondate di rincari e instabilità? Resta evidente che una trasparenza normativa più solida e la collaborazione tra pubblico e privato saranno fondamentali per assicurare competitività e innovazione a lungo termine in uno scenario tecnologico e commerciale sempre più complesso.