
La prima cacciata degli ebrei da Roma imperiale: storia, cause e conseguenze di una comunità millenaria
Il testo offre una panoramica dettagliata della storia millenaria della comunità ebraica a Roma, iniziando dalla sua presenza già nella Roma repubblicana, ben prima della distruzione del Tempio di Gerusalemme nel 70 d.C. Le fonti storiche di autori come Cicerone e Plutarco confermano una presenza ebraica organizzata e radicata, composta da schiavi, liberti e commercianti. Il rapporto con le autorità romane è risultato ambiguo, caratterizzato da una concessione di esenzioni religiose ma anche da sospetti e pregiudizi verso la particolare identità monoteista degli ebrei, che rifiutavano il culto statale romano. Questo clima di diffidenza e le tensioni sociali portarono alla prima espulsione degli ebrei da Roma nel 19 d.C. sotto l’imperatore Tiberio. Le accuse principali riguardavano la presunta corruzione del culto di Stato romano e l’ostilità degli ebrei verso i riti pubblici, nonché fattori economici legati alla crescente presenza e solidità comunitaria ebraica. Nella deportazione sono coinvolti circa 4.000 liberti ebrei inviati in Sardegna per lavori forzati, episodio emblema delle persecuzioni nell’Impero romano. Nonostante ciò, la comunità ebraica dimostrò una notevole capacità di resilienza, riorganizzandosi nei secoli successivi e contribuendo significativamente alla vita culturale della città. La vicenda sottolinea il conflitto tra diversità religiosa e potere politico, fornendo chiavi di lettura essenziali per comprendere tanto la storia di Roma quanto la più ampia civiltà occidentale.