
Le nuove richieste di Putin sulla questione ucraina: scenari, risposte internazionali e la partita Usa-Russia
Il recente rilancio delle richieste di Vladimir Putin per una soluzione al conflitto ucraino sta ridefinendo il quadro negoziale internazionale. Al centro delle proposte russe vi sono tre punti chiave: un impegno scritto da parte della NATO a non espandersi ulteriormente, in particolare escludendo l’adesione di Ucraina e Georgia; la neutralità permanente di Kiev quale Stato-cuscinetto, simile alle esperienze storiche di Svizzera e Austria; e la revoca, almeno parziale, delle sanzioni occidentali introdotte dopo il 2022. Mosca percepisce l’attuale allargamento dell’Alleanza Atlantica come una minaccia diretta, mentre la richiesta di neutralità mira a ridurre il rischio di accerchiamento militare. Le sanzioni, considerate da Putin un ostacolo non solo per la Russia ma per la stabilità economica globale, diventano il vero banco di prova per la possibilità di proseguire i negoziati. Tali condizioni sono state definite "non derogabili" dal Cremlino, che rimane disposto al dialogo ma solo in presenza di garanzie concrete, sottolineando come un mancato accordo comporterà la prosecuzione della difesa ad oltranza degli interessi strategici russi.
La reazione internazionale alle proposte russe risulta estremamente frastagliata. L’Unione Europea mantiene una posizione intransigente sulle sanzioni, anche se alcuni Paesi membri, come Germania e Francia, esplorano soluzioni pragmatiche attorno al tema della neutralità ucraina. Gli Stati Uniti si trovano in prima linea, stretti tra la volontà di difendere i principi di autodeterminazione e la necessità di evitare un’ulteriore escalation con la Russia, soprattutto in un anno segnato dalle elezioni presidenziali e dalle critiche di Donald Trump, il quale sostiene una linea più negoziale e pragmatica rispetto all’attuale amministrazione. Anche altri attori, come la Cina e la Turchia, cercano un ruolo da mediatori, mentre i Paesi Baltici e la Polonia si oppongono con forza a ogni concessione che possa minare la credibilità e la solidità della NATO. In Ucraina, la società e la politica si dividono: se da un lato c’è il rifiuto di cedere sulla sovranità, dall’altro emerge una corrente pragmatica favorevole a trattare, purché siano assicurate garanzie di sicurezza effettive e internazionali.
Le prospettive negoziali per il 2025 restano incerte, poiché la rigidità delle condizioni russe rischia di acuire i contrasti interni all’Occidente e di prolungare la crisi umanitaria sul terreno ucraino. Da un lato, accogliere le richieste di Putin potrebbe indebolire le fondamenta giuridiche e politiche dell’ordine europeo basato sul principio dell’autodeterminazione dei popoli; dall’altro, respingerle potrebbe aprire la strada a un’escalation bellica, con nuovi scontri armati e un deterioramento duraturo dei rapporti tra Mosca e le capitali occidentali. Gli analisti individuano come unica via di uscita un compromesso fondato su verifiche internazionali, modifiche costituzionali in Ucraina e un graduale rilassamento delle sanzioni in risposta a passi concreti verso la de-escalation. La coesione tra Stati Uniti e Unione Europea appare cruciale, mentre la Russia mantiene la strategia della doppia opzione – minaccia e dialogo – per rafforzare la propria posizione negoziale. In definitiva, la soluzione della crisi russo-ucraina è ancora lontana e continuerà a segnare profondamente l’equilibrio geopolitico per tutto il prossimo anno.