Arnaldo Pomodoro: l’eredità immortale di un maestro della scultura
Arnaldo Pomodoro, scomparso a 99 anni a Milano, lascia un’impronta indelebile nella storia della scultura contemporanea. L’annuncio della sua morte ha mobilitato il mondo dell’arte internazionale e la città di Milano, dove ha vissuto e lavorato per decenni. Pomodoro si distingue fin dagli esordi per una visione innovativa, sviluppata grazie a una solida formazione tecnica e arricchita da esperienze condivise anche con il fratello Giò. Nel cuore del secondo dopoguerra Pomodoro abbraccia le possibilità offerte dalla città meneghina, coltivando una relazione intensa con il territorio che lo porterà a diventare punto di riferimento e motore di rinnovamento per l’arte del Novecento. I suoi primi lavori già riflettono una forte spinta all’avanguardia, mentre la sua carriera si consolida su scala mondiale grazie a premi, collaborazioni prestigiose e mostre internazionali.
Nel corso del tempo, Pomodoro elabora un linguaggio artistico personalissimo: l’impiego di materiali resistenti come bronzo, acciaio e oro caratterizza le sue opere, che si distinguono per la monumentale potenza espressiva. Le celebri “Sfere” diventano simboli iconici sia in Italia che all’estero, con esemplari presenti in luoghi come l’ONU a New York, i Musei Vaticani e la Farnesina. La superficie delle sculture di Pomodoro si anima di tagli, lacerazioni e giochi geometrici, trasmettendo tensione, introspezione e un senso di perenne apertura verso nuove possibilità espressive. Milano, con istituzioni come la Fondazione Arnaldo Pomodoro, si afferma come epicentro della sua attività e influenza: qui il maestro promuove un’eredità destinata a crescere.
L’impatto di Pomodoro si riverbera ben oltre la sua generazione. Artisti, critici e cittadini hanno espresso commozione e gratitudine alla notizia della sua scomparsa, sottolineando l’importanza della sua arte come ponte tra passato e futuro. La Fondazione continua oggi a coltivare la sua visione, offrendo opportunità formative e promozionali per i giovani. Pomodoro viene ricordato come un innovatore, capace non solo di plasmare la materia ma anche la sensibilità e la cultura collettiva, grazie a un’unione inedita di tecnica e poesia. Il lascito di Pomodoro è destinato a rimanere attuale: le sue opere e il suo esempio continueranno a ispirare nuove generazioni, rendendo la sua memoria viva nel tempo e riaffermando il ruolo fondamentale della creatività nell’evoluzione della nostra società.
Con Ubuntu 25.10, Canonical e Intel segnano una svolta storica rimuovendo le mitigazioni di sicurezza dallo stack Compute Runtime delle GPU Intel. Tradizionalmente, queste mitigazioni venivano implementate per ridurre il rischio di exploit e vulnerabilità che potevano mettere a repentaglio la sicurezza dei dati e la stabilità del sistema, soprattutto nelle applicazioni ad alto carico come il machine learning, la simulazione scientifica e il rendering grafico. Tuttavia, tali strategie comportavano un notevole calo delle prestazioni, penalizzando produttività e reattività, in particolare per chi utilizza Ubuntu per operazioni professionali ad alta intensità di calcolo grafico. L’introduzione del flag NEO_DISABLE_MITIGATIONS nei pacchetti ufficiali Ubuntu 25.10 permette di compilare lo stack Compute Runtime senza queste storiche protezioni, basando la sicurezza principalmente sulle evoluzioni introdotte dal kernel Linux, che negli ultimi anni ha implementato tecniche avanzate di isolamento dei processi e protezione della memoria. Questa decisione è il risultato di una valutazione attuale dei rischi: molte delle vulnerabilità storiche sono ora considerate difficilmente sfruttabili, mentre l’esigenza di massimizzare la performance hardware si fa sempre più pressante in ambito open source e produttivo.
Il vantaggio principale per gli utenti Ubuntu con GPU Intel integrate sarà un concreto incremento delle prestazioni, con stime che parlano di un miglioramento fino al 20% nei carichi di lavoro legati a intelligenza artificiale, video editing, gaming e simulazione scientifica. In particolare, task come training di modelli AI, rendering 3D e simulazioni parallele potranno avvalersi di tempi di esecuzione più rapidi, minore latenza e migliore efficienza energetica. Questa ottimizzazione promette di rendere Ubuntu la piattaforma di riferimento per chi lavora con grafica professionale, ricerca scientifica e software ad alte prestazioni, confermandone il ruolo pionieristico nel panorama Linux. Tuttavia, la scelta comporta anche una nuova assunzione di responsabilità in materia di sicurezza, spostando il baricentro delle protezioni dagli stack applicativi al kernel del sistema operativo. Canonical e Intel rassicurano comunque la comunità sulla solidità delle attuali contromisure del kernel e sulla possibilità di reintrodurre tempestivamente mitigazioni in caso di nuove vulnerabilità scoperte.
Le reazioni della community e degli sviluppatori sono state per lo più positive, soprattutto tra i professionisti e i ricercatori che chiedevano da tempo un alleggerimento degli overhead software imposti dalle mitigazioni. La trasparenza del processo, la disponibilità del codice sorgente e la documentazione accurata offerte da Canonical e Intel rappresentano un modello di buona prassi in ambito open source, favorendo il feedback degli utenti e la rapida adozione di nuove soluzioni. Questa mossa, che si attiverà con Ubuntu 25.10, potrebbe influenzare anche altre distribuzioni Linux spinte dalla stessa esigenza di prestazioni, segnando l’avvio di una nuova era di ottimizzazione hardware/software. In sintesi, la rimozione delle mitigazioni rappresenta un compromesso maturo tra prestazioni e sicurezza, confermando ancora una volta la capacità del mondo Linux di adattarsi rapidamente alle evoluzioni tecniche e alle reali necessità dell’utenza.
# Sunto sull’evoluzione e le sfide dell’Intelligenza Artificiale in Italia (2025)
L’intelligenza artificiale in Italia rappresenta ormai una realtà diffusa e trasversale, grazie alla rapida espansione degli strumenti AI tra la popolazione. Secondo il rapporto Piepoli-Udicon 2025, quasi la metà degli italiani ha sperimentato sistemi di intelligenza artificiale almeno una volta, e il 43% li utilizza frequentemente, inserendoli tra le proprie abitudini quotidiane di lavoro, studio o gestione delle attività personali. Questa diffusione è accompagnata però da forti differenze generazionali, territoriali e di competenza digitale, con i giovani e i lavoratori del terziario avanzato che risultano più coinvolti e attivi. L’IA viene impiegata soprattutto come motore di ricerca evoluto, modificando il modo in cui i cittadini reperiscono e selezionano le informazioni; il 62% degli intervistati ormai utilizza soluzioni AI per consultare dati e notizie. In questo scenario, l’Italia si colloca in linea con le principali economie europee in termini di curiosità e adozione di strumenti IA, ma presenta ancora un certo ritardo nell’acquisizione di competenze digitali avanzate, soprattutto se paragonata a paesi come Germania e Francia. La digitalizzazione si rivela sempre più capillare, ma restano barriere strutturali e culturali da superare per garantire un’equa partecipazione.
Nonostante il crescente entusiasmo, il rapporto mette in evidenza una prudenza diffusa e un livello di fiducia limitato nei confronti delle risposte e dei risultati prodotti dalle IA. Soltanto l’11% degli italiani si fida sempre dell’output fornito da chatbot e sistemi automatici, mentre la maggior parte preferisce verificarne l’attendibilità e usarlo come spunto informativo piuttosto che come fonte definitiva. Diffidenze e perplessità sono alimentate dalla complessità intrinseca dei sistemi AI e dai recenti casi mediatici di errori, bias e altri limiti algoritmici riscontrati. Inoltre, emerge con chiarezza la dimensione delle preoccupazioni legate all’impatto sul lavoro, con il 44% degli italiani che teme un’automazione eccessiva e la possibile perdita di posti, specialmente nei settori a maggior rischio di sostituibilità. Tra le principali urgenze, il rapporto sottolinea la necessità di investire sulla formazione e la riqualificazione, che sono considerate essenziali per proteggere il valore delle professioni di fronte alla trasformazione digitale in atto. Il divario digitale, sia geografico che sociale, rimane una delle principali sfide per evitare disparità crescenti e marginalizzazioni.
Il tema della trasparenza e della regolamentazione emerge con forza come condizione indispensabile per uno sviluppo responsabile dell’intelligenza artificiale. Il presidente di Udicon, Massimiliano Donini, evidenzia la necessità di introdurre regole chiare e strumenti di verifica sull’uso degli algoritmi, promuovendo la tracciabilità, la protezione della privacy, la sicurezza e l’inclusività delle piattaforme AI, in particolare nella pubblica amministrazione e nei servizi sensibili. Tra le proposte principali figurano la creazione di etichette digitali per ogni strumento IA, la nascita di osservatori pubblici dedicati alla qualità e correttezza degli algoritmi, e campagne di sensibilizzazione per aumentare la consapevolezza tra cittadini, studenti e lavoratori. L’Italia è chiamata così a cogliere sia le sfide, come il rischio di disinformazione e discriminazione, sia le opportunità in settori chiave come la sanità, la mobilità, l’istruzione e l’ambiente. Solo investendo sulla cultura digitale, l’aggiornamento continuo e una governance trasparente, sarà possibile fare dell’intelligenza artificiale non una minaccia, ma un potente strumento di crescita inclusiva e sostenibile per l’intero Paese.
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Il debutto dei taxi autonomi di Tesla ad Austin segna una trasformazione epocale per la mobilità urbana. L’iniziativa è partita il 23 giugno 2025 con una flotta pilota attiva su invito in alcune aree selezionate della città, posizionando Austin come pioniere della sperimentazione di veicoli senza conducente. Il servizio, annunciato da Elon Musk come un vero cambio di paradigma, vede coinvolti alcuni utenti scelti, che possono prenotare le corse tramite un’app dedicata a un costo promozionale di 4,20 dollari. Questi robotaxi sono dotati delle tecnologie più avanzate nel campo della guida autonoma: sensori Lidar e radar, sistemi di telecamere a 360°, processori potenti e aggiornamenti software costanti che permettono di leggere il traffico in tempo reale, riconoscere ostacoli e garantire massima sicurezza. L’obiettivo di Musk è espandere rapidamente la flotta e replicare il modello in altre città, rendendo la mobilità più efficiente, accessibile e green. Il debutto di questo servizio rappresenta così un primo, fondamentale passo per immaginare un futuro in cui le auto senza conducente siano la norma nelle grandi città, stimolando attenzione mediatica e curiosità tra cittadini, investitori e istituzioni.
### Secondo paragrafo
L’impatto dei robotaxi Tesla si fa sentire sia dal punto di vista sociale che economico. L’autonomia dei veicoli promette una drastica diminuzione degli incidenti causati da errore umano e un miglioramento della gestione del traffico grazie alla comunicazione e alle ottimizzazioni algoritmiche. Dal punto di vista economico, il nuovo servizio apre opportunità inedite: sviluppo software per sistemi di guida autonoma, servizi accessori, nuove infrastrutture e manutenzione ad alto contenuto tecnologico, ma anche rischi collegati al settore lavorativo tradizionale dei trasporti, che potrebbe vedere ridurre la domanda di conducenti umani. Sul fronte della sicurezza, Tesla risponde con sistemi di supervisione continua e aggiornamenti OTA, ma restano le sfide legate alla privacy degli utenti e all’accettazione sociale. La tracciabilità delle corse e la raccolta dati sono nodi importanti che richiedono garanzie e chiarezza. Austin si candida, però, a diventare modello di riferimento, seguendo i successi ottenuti in esperimenti simili in altre nazioni e promuovendo un nuovo modello di città più smart, sostenibile e a misura di cittadino, incentivando mobilità condivisa, riducendo la necessità di parcheggi e ottimizzando gli spostamenti urbani, in linea con i trend globali.
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Nonostante il successo del lancio, il percorso verso la diffusione di massa dei robotaxi Tesla presenta diverse criticità e sfide future. Occorre superare le incertezze normative che, negli Stati Uniti, cambiano da Stato a Stato, equilibrando innovazione e sicurezza pubblica attraverso l’adeguamento delle leggi. La scalabilità del servizio richiede investimenti massicci per infrastrutture, reti di ricarica e personale altamente formato, oltre a una collaborazione costante con amministrazioni locali e associazioni di settore. La concorrenza internazionale, con big player come Google, Amazon e Apple già pronti a competere, spingerà Tesla a migliorare continuamente tecnologia e offerta. Se Austin rappresenta oggi un laboratorio ideale, il futuro della mobilità autonoma dipenderà dalla capacità di Tesla di gestire i temi di privacy, accettazione culturale e sostenibilità economica del modello. In uno scenario in rapido cambiamento, il debutto dei robotaxi a guida autonoma può anticipare la creazione di città più sicure, meno inquinate, caratterizzate da trasporti pubblici efficienti e personalizzabili, rendendo la mobilità urbana sempre più smart e orientata all’innovazione, con Tesla protagonista di questa nuova era.
L’investimento di 650 milioni di dollari da parte di NVIDIA in TerraPower segna una svolta epocale per il settore tecnologico e quello energetico globale. Il crescente fabbisogno energetico dei data center, alimentato dall’espansione dell’intelligenza artificiale e dei servizi digitali, pone la questione della sostenibilità ambientale come una delle principali sfide del nostro tempo. L’alleanza tra NVIDIA, leader mondiale nel campo dei semiconduttori e dell’IA, e TerraPower, startup fondata da Bill Gates e pioniera nella progettazione di reattori nucleari modulari avanzati, mira a fornire una soluzione concreta a questo problema, offrendo energia pulita e sostenibile per sostenere l’infrastruttura digitale del futuro.
L’operazione prevede la realizzazione del primo impianto basato su tecnologia Natrium, caratterizzato da un design modulare, l’uso di sodio liquido come refrigerante e la capacità di integrarsi con fonti rinnovabili. Questa piattaforma promette maggiore efficienza, sicurezza e adattabilità rispetto ai reattori tradizionali, riducendo drasticamente sia le emissioni climalteranti che i costi operativi. L’obiettivo è rendere scalabile l’espansione dei data center attraverso fonti di energia a basso impatto ambientale, contribuendo alla transizione verso un’economia decarbonizzata. Il ruolo strategico di NVIDIA, non solo finanziario ma anche tecnologico, rappresenta un esempio di come multinazionali dell’IT possano guidare innovazione sostenibile attraverso partnership interdisciplinari.
Tuttavia, la sfida non si limita alla realizzazione tecnica dei nuovi impianti. Rimangono da affrontare questioni fondamentali come l’accettazione sociale del nucleare, la gestione dei rifiuti radioattivi, la complessità normativa e i tempi di autorizzazione. Le aziende coinvolte stanno puntando su trasparenza, innovazione e sviluppo di sistemi di controllo avanzati basati sull’intelligenza artificiale per superare tali ostacoli e rassicurare opinione pubblica e regolatori. Se la scommessa avrà successo, potrà fungere da modello per future collaborazioni tra il settore tecnologico e quello energetico, accelerando radicalmente sia la crescita digitale che la decarbonizzazione globale. In quest’ottica, la partnership tra NVIDIA e TerraPower potrebbe segnare l’inizio di un ciclo virtuoso verso un futuro digitale pulito e sostenibile.
Il recente studio accademico condotto da ricercatori di Stanford, Cornell e West Virginia ha rilanciato il dibattito sulle implicazioni legali ed etiche del training delle intelligenze artificiali con opere protette da copyright. In particolare, il caso di Llama 3.1 70B di Meta, capace di riprodurre fino al 42% di ‘Harry Potter e la Pietra Filosofale’, evidenzia quanto i Large Language Models possano memorizzare e restituire parti sostanziali di testi tutelati. Questo fenomeno desta preoccupazione tra autori, editori e giuristi, poiché mette sotto pressione le norme sulla proprietà intellettuale e apre interrogativi sull’uso non autorizzato e la divulgazione di contenuti originali. L’evoluzione rapida di questi modelli, che assimilano quantità crescenti di testi, spinge a interrogarsi sull’adeguatezza delle attuali regole e pratiche nel settore dell’AI generativa, soprattutto considerando la scarsa trasparenza nei dataset utilizzati per l’addestramento.
Dal punto di vista normativo, la riproduzione massiva di estratti letterari mette in discussione tre teorie chiave di violazione del copyright: la riproduzione non autorizzata, la creazione di opere derivate e la distribuzione illecita. Parallelamente, l’eccezione del fair use, spesso invocata dai produttori di AI, appare sempre meno difendibile quando i modelli arrivano a rigenerare interi capitoli o sequenze estese di opere famose. Nei principali ordinamenti occidentali (USA ed Europa), la giurisprudenza è ancora fluida, ma cresce la tendenza a distinguere tra estratti minimi e riproduzioni sostanziali, mentre aumentano i casi nei tribunali che coinvolgono autori, editori e le grandi società tech. La trasparenza sui dataset e l’introduzione di sistemi di autorizzazione e remunerazione diretta agli autori sono tra le possibili soluzioni allo studio, insieme a strumenti tecnologici di tracciamento dei contenuti nel training degli LLM.
Infine, il problema sollevato dalla memorizzazione AI di libri come ‘Harry Potter’ rappresenta una svolta nelle relazioni tra tecnologia, cultura e diritto. Gli scrittori temono la perdita di controllo sulle proprie opere e possibili danni economici, mentre per gli editori si discutono nuovi modelli di licenza o remunerazione automatica, simili a quelli della musica digitale. Il mondo accademico, l’industria e le istituzioni convergono su una necessità di confronto urgente: definire regole chiare e trasparenti che tutelino la creatività e la proprietà intellettuale negli scenari aperti dall’AI generativa. Solo così è possibile sfruttare le opportunità offerte dall’intelligenza artificiale senza compromettere i diritti degli autori, il valore dei cataloghi editoriali e, più in generale, il patrimonio culturale condiviso.
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Nel corso degli ultimi decenni, la scuola italiana si è confrontata con il dilemma tra buonismo e autenticità educativa, immersa in un sistema dove scorciatoie e strategie di semplificazione sono spesso adottate con l’intenzione di favorire l’inclusione e la serenità degli studenti. Tuttavia, queste soluzioni rischiano di produrre effetti contrari, privando i giovani dell’opportunità di misurarsi con limiti, fatica e momenti di frustrazione essenziali per la crescita personale. Pratiche come la semplificazione dei contenuti, la dilatazione delle verifiche e il ricorso a promozioni quasi automatiche sono diffuse nelle scuole, con il risultato di indebolire la resilienza e la motivazione degli studenti. Ma c’è anche un forte rischio che l’inclusione si trasformi in una modalità superficiale, dove la scuola rinuncia al proprio ruolo educativo trasformandosi in facilitatore, e non più in luogo centrale per lo sviluppo integrale della persona. Questo scenario genera insoddisfazione, una sottile ma crescente infelicità percepibile tra i ragazzi, sintomo di una frattura nel rapporto tra adulti e giovani all’interno delle istituzioni formative.
### Secondo paragrafo
A fronte di questi squilibri, aumentano significativamente i casi di ansia, disagio e veri e propri crolli psicologici tra gli studenti, soprattutto nell’ultimo anno delle scuole superiori. Le statistiche indicano una crescita delle richieste di supporto psicologico, segnalando fenomeni di panico, blocchi emotivi e forte insicurezza di fronte alle aspettative e ai giudizi, sia da parte della scuola che dell’ambiente familiare. L’eccessiva protezione, unita alla mancanza di occasioni reali di confronto con la difficoltà e il fallimento, impedisce ai ragazzi di sviluppare la maturità e l’autonomia richieste dalla vita. L’insegnante, spesso relegato al ruolo di semplice facilitatore, rischia di perdere la propria autorevolezza e capacità di essere un adulto di riferimento. Le soluzioni attuali, fondate su sconti e deroghe, si rivelano inefficaci, poiché non scalfiscono il problema alla radice: la necessità di una relazione educativa autentica e di un accompagnamento adulto che sappia essere punto di riferimento sia nei successi che nelle crisi, senza ricorrere a un buonismo sterile.
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Gli studenti, infatti, chiedono esplicitamente una scuola più umana, fondata sulla presenza reale di adulti capaci di ascolto, autenticità e fermezza anche nel saper dire dei “no” costruttivi. Superare l’approccio del “buonismo” significa valorizzare il fallimento come parte del percorso di crescita personale, premiare non solo la performance ma anche l’impegno e il cammino individuale. Sono auspicabili, quindi, strategie che prevedano una formazione più attenta degli insegnanti sul piano relazionale, l’istituzione di sportelli di ascolto psicologico, la revisione dei criteri di valutazione e la creazione di spazi di dialogo non vincolati dalla rigidità didattica. Solo attraverso la riscoperta dell’autenticità nella relazione educativa sarà possibile restituire senso alla scuola, prevenire l’insorgere di ansia e insoddisfazione e trasformare l’istituzione scolastica in un luogo di reale crescita umana e sociale. La sfida per il futuro risiede nel mettere nuovamente al centro la presenza autorevole e accogliente dell’adulto, capace di accompagnare ogni studente verso una maturazione integrale.
Milano si presenta come un vero laboratorio di innovazione sociale e politica, impegnata nel ripensare i rapporti tra lavoro, casa e inclusione, alla ricerca di un modello sostenibile ed esportabile per le grandi città italiane ed europee. Il contesto urbano odierno è caratterizzato da profondi cambiamenti: urbanizzazione, nuove povertà, pressioni abitative e polarizzazione sociale rappresentano sfide cruciali. Milano, grazie a una governance locale dinamica e alla spinta degli assessori, ha promosso un costante confronto e una partecipazione attiva di cittadini, imprese, terzo settore e istituzioni. Questo metodo inclusivo valorizza i contributi delle diverse categorie sociali, favorisce politiche innovative per lavoro e welfare, e consente una progettazione adattiva delle strategie urbane. In tale cornice, la crescita turistica di Milano – con milioni di presenze annue – rappresenta sia un’importante occasione economica sia un rischio sociale per via della crescente pressione sugli alloggi e sui servizi. Ne deriva una governance attenta, che cerca di bilanciare apertura internazionale e tutela della coesione interna.
La sostenibilità sociale a Milano poggia su un equilibrio sempre più delicato tra sviluppo economico, inclusione e qualità della vita. L’amministrazione milanese ha messo al centro delle proprie politiche azioni contro le disuguaglianze territoriali, un piano concreto di accessibilità ai servizi di welfare e un forte impegno per migliorare le condizioni abitative, soprattutto attraverso il “piano casa Milano 2025” che prevede la realizzazione di 10.000 alloggi a canone prefissato. Questi interventi puntano a favorire la mixité sociale nei quartieri periferici, ridurre l’impatto degli affitti brevi e contenere il fenomeno della speculazione immobiliare, senza dimenticare la necessità di sostenibilità economica grazie al coinvolgimento di risorse sia pubbliche sia private. Le politiche per l’abitare si accompagnano a servizi per le famiglie, il lavoro, il supporto psicologico, la rigenerazione urbana e incentivi all’imprenditoria sociale. Il tutto, in un quadro partecipato che cerca costantemente il coinvolgimento della cittadinanza nei processi decisionali, puntando a rafforzare l’identità sociale della città e la coesione tra i suoi quartieri, offrendo modelli e buone pratiche per le altre metropoli.
Infine, la forza del “modello Milano welfare” risiede nella capacità di promuovere politiche attive per il lavoro – con sportelli di orientamento, incentivi alle imprese per la formazione e l’assunzione di giovani, e attenzione alla transizione verde – e nella qualità della governance locale, basata su trasparenza, monitoraggio e collaborazione pubblico-privato. Il percorso milanese evidenzia che la costruzione del nuovo patto sociale passa attraverso il dialogo tra tutti gli attori urbani, la valutazione costante dei risultati e l’apertura alle innovazioni, diventando così punto di riferimento nazionale. Il futuro del modello dipende dalla sua capacità di consolidare la coesione urbana, accompagnare la crescita turistica e offrire nuove opportunità di lavoro e abitare, mantenendo l’ambizione di rendere Milano – e le grandi città che la vorranno seguire – più inclusive, sostenibili e competitive.
Il mercato del lavoro veneto nel 2025 si caratterizza per una fase di rallentamento, ma conserva complessivamente un bilancio occupazionale positivo. Nei primi cinque mesi dell’anno, la domanda di forza lavoro si è dimostrata solida, registrando un saldo netto di circa 56.900 nuovi posti di lavoro dipendente, nonostante una riduzione delle assunzioni del 2% e un aumento delle cessazioni dell’1% rispetto al 2024. Questo incremento moderato indica una prudenza diffusa tra le imprese di fronte alle incertezze economiche globali e ai cambiamenti strutturali che interessano il tessuto produttivo, ma la resilienza della regione si conferma anche nei settori chiave come il metalmeccanico, che, pur registrando solo un leggero saldo positivo, mantiene alta la domanda di competenze specialistiche, in particolare quelle digitali e tecniche. L’equilibrio raggiunto riflette dunque il passaggio da una fase di crescita sostenuta ad una di consolidamento, dove la qualità delle assunzioni e l’attenzione alla produttività prevalgono sull’espansione quantitativa.
Il rallentamento del mercato del lavoro veneto nel 2025 trova origine principalmente in fattori esterni come i rallentamenti dei mercati internazionali, l’incertezza sul fronte energetico e geopolitico, nonché la prudenza generale degli investimenti. Tuttavia, confrontando la performance regionale con il resto d’Italia, il Veneto si conferma tra le aree più dinamiche e resilienti a livello occupazionale, superando la media nazionale sia in termini di saldo positivo che di stabilità nei rapporti di lavoro, soprattutto nel manifatturiero avanzato, nell’agroalimentare e nel turismo. Questi risultati si spiegano anche grazie alle politiche attive messe in campo dalla Regione Veneto: formazione professionale mirata, incentivi all’innovazione, bandi per il reinserimento lavorativo e strategie di orientamento per giovani e disoccupati agiscono da veri ammortizzatori contro le criticità cicliche, sostenendo la capacità adattiva delle imprese e dei lavoratori, in particolare nei settori strategici del territorio.
Le ripercussioni di questo scenario su lavoratori e imprese sono molteplici: i dipendenti sperimentano una maggiore mobilità e una pressante necessità di aggiornamento delle competenze; le aziende, dal canto loro, sono chiamate a selezionare con maggiore accuratezza i profili professionali e a contenere i costi, puntando più sulla qualità che sulla quantità delle nuove assunzioni. L’attenzione si concentra anche sui movimenti stagionali legati ai servizi e al turismo, che tradizionalmente portano segnali di ripresa nei mesi estivi e contribuiscono a riequilibrare il saldo occupazionale annuale. In sintesi, la fotografia del lavoro in Veneto nel 2025 è quella di una regione che, nonostante le difficoltà, mantiene un modello di stabilità e attrattività, dimostrando una capacità di adattamento e innovazione che fa da riferimento sia a livello nazionale che europeo. La vera sfida per il prossimo futuro sarà trasformare la decelerazione in opportunità di crescita sostenibile, sfruttando le competenze del capitale umano locale e valorizzando l’interazione tra politiche pubbliche e iniziativa privata.
### 1. Il Festival, lo spirito associativo e il dialogo culturale
Il Festival dell’Umano Tutto Intero, svoltosi a Roma il 17 e 18 giugno 2025, ha rappresentato un evento di rilievo nel panorama culturale e sociale della capitale. Organizzato dal network “Ditelo sui tetti”, la manifestazione si è distinta per la partecipazione di oltre cento associazioni provenienti da tutto il territorio nazionale. L’obiettivo comune era promuovere e dibattere i grandi temi della contemporaneità: identità umana, tutela della vita, promozione della famiglia ed emergenza educativa. La scelta di favorire il dialogo e l’incontro tra diverse componenti della società ha dato vita a un dibattito aperto e multidisciplinare, coinvolgendo attivamente istituzioni, cittadini e associazionismo. Il ruolo del network è stato centrale non solo nell’organizzazione, ma anche nel garantire l’accessibilità dell’evento, includendo fasce fragili della popolazione e incentivando una partecipazione autentica e trasversale. Il festival si è affermato come piattaforma di incontro, riflessione e confronto su questioni cruciali per il futuro della collettività, sottolineando la necessità di una presenza sociale capace di riconoscere e valorizzare la complessità dell’identità umana.
### 2. Contributi, tematiche e protagonisti
Uno degli elementi di forza del Festival è stata la ricchezza dei contributi offerti da relatori qualificati: filosofi, medici, giornalisti e politici hanno affrontato tematiche fondamentali con sguardi differenti e complementari. Le tavole rotonde hanno esplorato il significato e la crisi dell’identità umana, la riscoperta delle relazioni interpersonali, le sfide educative e i cambiamenti che investono la famiglia nella società attuale. Tra i momenti più significativi si è distinto l’intervento del Cardinale Parolin, che ha rimarcato il ruolo centrale della relazione e dell’appartenenza nell’identità individuale e collettiva, rinnovando l’appello a una cura relazionale e a una promozione della persona come priorità politica e sociale. Ampio spazio è stato dato anche alle questioni della tutela della vita e all’emergenza educativa: proposte concrete e dati aggiornati sono stati presentati da associazioni ed esperti, alimentando una riflessione condivisa sulle dimensioni più fragili o trascurate della vita sociale. Il potenziale di networking tra le tante realtà presenti ha inoltre favorito la nascita di collaborazioni e progetti comuni, accrescendone la portata e l’efficacia.
### 3. Valore, impatto e prospettive future del Festival
Inserendosi in un contesto ricchissimo di eventi culturali, il Festival ha saputo distinguersi grazie alla qualità organizzativa, alla trasversalità delle tematiche trattate e all’alto livello di inclusività. L’impatto positivo è stato avvertito sia dal punto di vista sociale — nella creazione di occasioni di incontro, scambio e ascolto — sia sul piano politico-culturale, grazie alla capacità dell’evento di rilanciare una visione integrale della persona contro le derive di frammentazione. La collaborazione fra associazioni, la valorizzazione delle nuove generazioni e il dialogo con istituzioni e pubblico sono state indicati come direttrici future per rendere stabile e sempre più efficace questa iniziativa. L’auspicio degli organizzatori è che il Festival divenga un appuntamento ricorrente, capace di stimolare politiche e pratiche innovative centrate sul valore della relazione umana. In questo momento di crisi diffusa e incertezza, il Festival rappresenta un esempio virtuoso di coesione, coraggio culturale e costruttività civica: un patrimonio di idee, esperienze e relazioni su cui costruire il futuro di Roma e del Paese.
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