Previdenza complementare e giovani: perché il contributo di 10 euro al mese non basta

Previdenza complementare e giovani: perché il contributo di 10 euro al mese non basta

La previdenza complementare in Italia affronta una situazione complessa, aggravata da cambiamenti demografici e instabilità del mercato del lavoro. La proposta della Covip di un contributo pubblico di 10 euro al mese per ciascun neonato fino ai 18 anni – pari a un accumulo totale di circa 2.160 euro – mira a sensibilizzare i giovani e offrire un primo capitale previdenziale. Tuttavia, questo importo risulta troppo esiguo rispetto alle reali esigenze di integrazione pensionistica indicata dalla letteratura economica, che richiede versamenti significativi e costanti su decenni. Inoltre, il sistema italiano è caratterizzato da un forte dualismo: mentre una minoranza di lavoratori con carriere stabili riesce ad aderire ai fondi pensione, molti giovani, precari, donne e lavoratori con carriere discontinue restano esclusi, con conseguenze sociali ed economiche rilevanti. La misura proposta rischia di diventare più un gesto simbolico che una soluzione efficace, soprattutto se interpretata come sufficiente per garantire il futuro previdenziale dei giovani. Simulazioni mostrano che, con rendimenti medi e costi di gestione, la cifra accumulata consentirebbe un’integrazione pensionistica minima. A livello internazionale, modelli più articolati – come l’auto-enrolment nel Regno Unito o i sostegni mirati in Germania – dimostrano la necessità di interventi sistemici più robusti. Per questo, gli esperti suggeriscono incentivi pubblici più consistenti, miglior formazione previdenziale, politiche per la continuità contributiva e riduzione dei costi, al fine di combattere le disuguaglianze e costruire un sistema più equo e sostenibile. In sintesi, la sfida previdenziale per i giovani italiani richiede ben più che misure simboliche: necessita una riforma organica e integrata che coinvolga istituzioni, imprese e cittadini.

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