Riforma Pensioni 2025: Possibile Stop a Opzione Donna. Cosa Cambia per le Pensioni delle Donne?

Riforma Pensioni 2025: Possibile Stop a Opzione Donna. Cosa Cambia per le Pensioni delle Donne?

La riforma delle pensioni 2025 in Italia si presenta come una svolta cruciale, soprattutto per le lavoratrici, a causa dell’eventuale abolizione di "Opzione donna", storicamente uno dei canali di pensionamento anticipato pensati per il pubblico femminile. Questa misura, che dal 2004 consentiva alle donne di ritirarsi dal lavoro con almeno 35 anni di contributi e 60 anni di età (in alcuni casi ulteriormente abbassabili), è stata nel tempo oggetto di continue restrizioni a causa del bisogno di contenere la spesa pubblica e standardizzare i requisiti tra uomini e donne. I tentativi di ridurre il peso di deroghe "di genere" si sono intensificati nell’ultimo anno, anche in risposta alle richieste di maggiori risparmi sui conti pubblici. Tuttavia, diversi dati dimostrano che il risparmio effettivo prodotto dallo stop a Opzione donna sarebbe limitato rispetto ad altre misure su larga scala, mentre le criticità sociali rischiano di aumentare, soprattutto per le donne che hanno vissuto carriere discontinue, interruzioni per maternità o che si sono impegnate in periodi di assistenza familiare.

La cancellazione di Opzione donna porta prevedibilmente a un innalzamento dell’età pensionabile effettiva e dei requisiti richiesti per il prepensionamento, riducendo la flessibilità e l'autonomia nelle scelte di fine carriera per centinaia di migliaia di lavoratrici. Per accedere a una qualsiasi forma di pensione anticipata dal 2025, le donne dovranno fare riferimento ai requisiti ordinari: pensione anticipata a 42 anni e 10 mesi di contributi, pensione di vecchiaia a 67 anni, oppure, in casi particolari, opzioni come l’Ape Sociale o (se confermata) Quota 103, che però presentano condizioni restrittive. L’eliminazione del canale dedicato rischia di colpire in modo particolare le donne nate negli anni ’60, molte delle quali avevano programmato la loro carriera contando su questa opportunità. L’impatto concreto potrebbe essere una maggiore esposizione al rischio di disoccupazione senza protezione pensionistica tra i 60 e i 63 anni, proprio nei segmenti tradizionalmente più deboli del mercato del lavoro femminile.

Il dibattito attorno alla riforma e allo stop di Opzione donna è acceso non solo a livello politico ma anche sociale, coinvolgendo sindacati e associazioni di categoria che sottolineano il rischio di aumento del divario previdenziale e di esclusione per le donne. Molte lavoratrici e rappresentanti sindacali chiedono che, se la misura dovesse essere eliminata, vengano introdotte alternative specificamente calibrate sulle istanze delle carriere femminili, come meccanismi di valorizzazione dei periodi di cura o ampliamento delle quote di riscatto contributivo. Gli scenari futuri della previdenza femminile potrebbero dunque evolversi secondo due direttrici principali: o una maggiore uniformità tra generi con uscita anticipata più ampia per tutti, oppure un rafforzamento delle politiche "compensative" per sostenere donne con percorsi lavorativi più fragili. Tuttavia, senza una correzione mirata, il rischio di accentuare il divario pensionistico di genere appare molto concreto, rendendo indispensabile una riflessione collettiva su equità e sostenibilità nel sistema previdenziale italiano.

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