
Ucraina, l’impotenza dell’asse Meloni-Macron: tra promesse di supporto e la crisi di armi in Europa
L’incontro tra Giorgia Meloni ed Emmanuel Macron a Roma avrebbe dovuto rappresentare un punto di svolta per la coordinazione europea nel sostegno all’Ucraina. Tuttavia, dietro comunicati e dichiarazioni di intenti, si cela una realtà dove le possibilità operative di Italia e Francia risultano sempre più ridotte. La guerra in Ucraina, con la sua domanda crescente di armamenti e supporto economico, ha evidenziato le profonde debolezze del sistema di difesa europeo: produzione al limite, scorte in esaurimento e una pressione crescente sugli arsenali nazionali. In questo panorama, l’azione congiunta tra Roma e Parigi appare più simbolica che concreta. L’asse Meloni-Macron si presentava come il punto di riferimento del fronte occidentale nel Vecchio Continente, ma si trova oggi costretto a rincorrere soluzioni diplomatiche in mancanza di mezzi materiali. Il consenso pubblico europeo, già in calo, diventa un ulteriore ostacolo, rendendo la gestione della crisi un banco di prova difficile per la credibilità della politica e delle alleanze europee.
Nel dettaglio, l’Italia ha visto prosciugarsi le sue risorse militari più avanzate, in particolare i sistemi antiaerei Samp/T, lasciando poco margine d’azione a Roma. Francia, dal canto suo, ha ormai esaurito la maggior parte delle sue forniture militari per Kiev, confermando i limiti imposti sia dal bilancio nazionale sia dalla pressione dell’opinione pubblica interna. Le difficoltà si riflettono in tutto il panorama europeo: anche Germania, Polonia e i Paesi scandinavi stanno fronteggiando analoghi problemi di approvvigionamento e produzione industriale. Questa situazione rende quasi impossibile garantire a Kiev una continuità nel sostegno militare, come richiesto dalle esigenze del conflitto. In parallelo, i costi crescenti della guerra cominciano a pesare sui bilanci statali, innescando un dibattito acceso su quanto sia ancora sostenibile, politicamente ed economicamente, continuare su questa strada. Di conseguenza, lo scollamento tra dichiarazioni pubbliche e risposte concrete sul terreno alimenta lo scetticismo e il senso di impotenza che pervade ora il progetto di supporto europeo all’Ucraina.
Guardando al futuro, la crisi in Ucraina spinge i principali Paesi europei a sollecitare un profondo ripensamento delle strategie comuni. Sia Meloni che Macron chiedono una maggiore integrazione e coordinamento a livello UE, puntando anche all’ipotesi di un comando unificato europeo per affrontare l’emergenza bellica. Tuttavia, divergenze storiche e priorità nazionali rendono difficile imprimere una svolta operativa in tempi brevi. Nel frattempo, le tensioni interne e la carenza di risorse rischiano di delegittimare ogni nuova iniziativa strategica, mentre la NATO osserva con preoccupazione il venir meno degli impegni europei. L’eventuale diminuzione del sostegno europeo potrebbe ripercuotersi anche sui rapporti transatlantici con gli Stati Uniti, già sotto pressione. Alla luce di tutto ciò, la serata romana segna un momento di consapevolezza: per restituire all’Europa credibilità e influenza nei grandi dossier geopolitici, sarà indispensabile superare la frammentazione attuale, rivedere le proprie priorità e rafforzare la capacità di risposta, dentro e fuori i confini dell’Unione.