Un'indagine scientifica illumina i misteri dell'icona 'Gesù che porta la Croce' al Palazzo Ducale

Un'indagine scientifica illumina i misteri dell'icona 'Gesù che porta la Croce' al Palazzo Ducale

Primo paragrafo

La mostra "L’Oro Dipinto" al Palazzo Ducale di Venezia ha offerto l’occasione per una singolare unione tra arte e scienza. Protagonista dell’evento, l’icona veneziana del XVIII secolo "Gesù che porta la Croce" è stata sottoposta a un approfondito programma di analisi diagnostiche condotte dall’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (INFN). Questa iniziativa nasce dal desiderio di indagare a fondo materiali, tecniche pittoriche e condizioni conservative di un capolavoro centrale per la storia dell’arte barocca veneziana. L’importanza di questa indagine risiede proprio nell’approccio interdisciplinare: la collaborazione tra storici dell’arte e fisici permette di ottenere informazioni cruciali sulla composizione dei pigmenti, sulla lavorazione del supporto ligneo e sulla presenza di eventuali restauri precedenti. Non meno interessante è la valenza didattica del progetto: i risultati delle analisi sono stati resi disponibili anche al grande pubblico e ai giovani visitatori, dimostrando che la fisica applicata può rivelare aspetti sorprendenti e spesso nascosti del nostro patrimonio culturale, permettendo al tempo stesso una migliore tutela e una più profonda comprensione dell’opera d’arte.

Secondo paragrafo

Lo studio scientifico dettagliato dell’icona ha impiegato una varietà di tecniche fisiche avanzate – dalla radiografia alla fluorescenza a raggi X, fino alla microscopia ottica – tutte fondamentali per l’analisi non invasiva delle opere d’arte. La radiografia ha consentito di esplorare la struttura interna del supporto ligneo, individuando materiali, fratture antiche, zone di degrado e interventi di restauro susseguitisi nel tempo. Attraverso la fluorescenza a raggi X, è stata mappata la composizione elementare dei pigmenti e delle dorature usate, aiutando a distinguere oro puro da leghe e identificare pigmenti come cinabro, malachite e azzurrite. La microscopia ottica, invece, ha permesso di esaminare con precisione la superficie pittorica per individuare microcrepe, sollevamenti e altre alterazioni. Un dato particolarmente interessante emerso dalle indagini riguarda la scoperta di schizzi di cera sulla superficie, probabilmente dovuti a pratiche rituali o a cerimonie liturgiche che vedevano l’icona coinvolta. Simili dettagli ridonano all’opera la sua valenza di oggetto vissuto e rituale, portatore anche della memoria collettiva della comunità che ne ha fatto uso e culto nei secoli passati.

Terzo paragrafo

L’indagine promossa all’INFN rappresenta oggi un modello internazionale d’eccellenza e innovazione nel dialogo tra scienze dure e beni culturali. L’utilizzo di tecniche diagnostiche all’avanguardia su "Gesù che porta la Croce" consente non solo il recupero di dati materiali strategici per il restauro, ma apre nuovi scenari di ricerca per studiosi di diverse discipline. Grazie all’identificazione dei materiali originari – dai tipi di legno ai pigmenti e alle dorature – è possibile interpretare con maggior precisione la storia dell’icona e approfondire il rapporto tra le botteghe artistiche veneziane, le innovazioni tecniche e il contesto culturale che ne ha influenzato la realizzazione. Prospettive future si profilano con l’integrazione di strumenti digitali e intelligenza artificiale, che potranno simulare in 3D il degrado dei materiali o prevedere i rischi espositivi, migliorando ulteriormente la conservazione delle opere. Esperienze come questa dimostrano la necessità di una sinergia sistematica tra scienza e umanesimo, indicando una strada prioritaria per la valorizzazione del patrimonio storico-artistico, con benefici duraturi sia per la comunità scientifica sia per quella culturale e cittadina.
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