Patto Educativo di Corresponsabilità: Modelli a Confronto per Istituti Comprensivi e Secondarie di II Grado
Il Patto Educativo di Corresponsabilità rappresenta un elemento fondamentale nel sistema scolastico italiano, sancito dall’art. 5-bis del D.P.R. 235/2007, che definisce in modo chiaro gli impegni e le responsabilità condivise tra scuola, famiglie e studenti. Esso si configura non solo come un documento normativo ma anche come uno strumento pedagogico dinamico volto a promuovere una collaborazione proficua e un ambiente scolastico sicuro, inclusivo e partecipato. La struttura del Patto prevede sezioni dedicate ai ruoli e alle responsabilità di ciascuna componente, integrando temi di attualità come la prevenzione di bullismo e sicurezza scolastica.
Il modello del Patto si adatta alle diverse realtà scolastiche italiane: per gli Istituti Comprensivi è caratterizzato da un forte legame scuola-famiglia e un’attenzione particolare alla crescita dei bambini e ragazzi attraverso la personalizzazione dei percorsi e la mediazione educativa. Nelle Scuole Secondarie di II grado, al contrario, viene enfatizzata la responsabilità individuale degli studenti, il rispetto delle regole e la cittadinanza attiva, con una gestione più rigorosa delle procedure disciplinari ma sempre orientata al recupero. La collaborazione e il rispetto reciproco rimangono valori fondanti, insieme all’inclusione e alla convivenza civile.
Infine, il Patto è uno strumento vivente che si integra nel progetto educativo di istituto e che favorisce la partecipazione attiva di tutti i soggetti coinvolti. La formazione, la comunicazione e l’aggiornamento periodico del Patto sono cruciali per mantenere la sua efficacia e attualità, assicurando una comunità educativa coesa e responsabile, capace di affrontare le sfide della società contemporanea e di garantire il benessere e il successo formativo degli studenti.
La scuola italiana si caratterizza per un’età media dei docenti elevata, con un fenomeno di particolare rilievo riguardante i docenti precari tra i 45 e i 54 anni, che contano ben 62.360 unità. Questa fascia d’età rappresenta un importante indicatore delle criticità del sistema scolastico italiano, dove il ricambio generazionale stenta a concretizzarsi. Il blocco del turn-over, le difficoltà di reclutamento e le riforme frammentate hanno contribuito a generare una concentrazione anomala di insegnanti anziani, sia di ruolo che precari.
Analizzando i dati del 2024, emerge che oltre il 70% dei docenti ha più di 45 anni, con i giovani sotto i 34 anni a costituire solo il 7% del totale. In particolare, la fascia 45-54 anni racchiude circa 254.378 docenti, dei quali quasi un quarto sono supplenti. Questa situazione evidenzia un percorso di carriera spesso lungo e incerto, dove mantenere la stabilità economica e professionale è una sfida anche in età matura. Le conseguenze si riflettono sulla qualità dell’insegnamento, sulla motivazione dei lavoratori e sulla capacità di innovazione della scuola.
Per invertire questa tendenza, è necessario intervenire con riforme strutturali che facilitino l’accesso stabile ai ruoli, promuovano regolarità nei concorsi e valorizzino le competenze, specialmente digitali, degli aspiranti docenti. Solo attraverso misure mirate sarà possibile ringiovanire il corpo docente, migliorare la qualità dell’istruzione e rilanciare l’attrattività della professione nelle nuove generazioni.
La Corte Suprema dell’Argentina ha autorizzato l’estradizione di Leonardo Bertulazzi, ex militante delle Brigate Rosse coinvolto nei sequestri di Costa e Moro, verso l’Italia. Questa decisione segna una svolta epocale per la cooperazione giudiziaria tra i due Paesi, in un clima politico argentino caratterizzato dalla recente condanna dell’ex presidente Cristina Fernandez de Kirchner e dal cambio di leadership con Javier Milei. Bertulazzi, latitante in Argentina da decenni, dovrà scontare una pena di 27 anni di carcere in Italia, dopo che le autorità argentine hanno superato timori legati alla tutela dei diritti umani e alle garanzie processuali. La sentenza della Corte Suprema argentina dimostra una nuova volontà istituzionale di combattere reati gravi e di rispettare gli impegni internazionali, offrendo un messaggio forte contro l’impunità storica. La decisione ha raccolto consensi importanti tra le vittime dei sequestri, che vedono finalmente compiersi un atto simbolico di giustizia e di memoria. La firma finale di Milei rappresenta ora il passo conclusivo per il trasferimento fisico di Bertulazzi, la cui estradizione costituisce un banco di prova decisivo per rafforzare la collaborazione italiana-argentina e affermare la certezza della pena nel contesto della giustizia internazionale.
Il dibattito sui salari e redditi in Italia spesso si concentra su soluzioni semplicistiche come il salario minimo per legge, ma una lettura approfondita mostra una realtà complessa dove la stagnazione della produttività, la prevalenza delle microimprese e il peso elevato del cuneo fiscale sono elementi fondamentali. La produttività per addetto è cresciuta del solo 2,5% negli ultimi vent’anni, frenando la crescita reale dei salari e la competitività internazionale. Il tessuto produttivo italiano è caratterizzato da microimprese, spesso a gestione familiare, che limitano innovazione, forza contrattuale dei lavoratori e capacità di espansione, fattori che concorrono alla stagnazione salariale.
Il cuneo fiscale italiano, tra i più alti in Europa, aggravando il costo del lavoro, riduce la retribuzione netta percepita e frena assunzioni e crescita dei salari. Il confronto europeo evidenzia forti gap salariali dovuti a produttività limitata, tessuto produttivo polverizzato, elevata pressione fiscale e disuguaglianze territoriali e sociali. L’introduzione del salario minimo, pur diffusa in Europa, appare solo una soluzione parziale e potenzialmente rischiosa in Italia, dove la contrattazione collettiva già stabilisce minimi salariali superiori e la microimpresa domina il mercato del lavoro.
Per affrontare la sfida salariale italiana è necessaria una riforma sistemica che comprenda incentivazione alla crescita dimensionale delle imprese, riduzione strutturale del cuneo fiscale, investimenti in formazione continua e digitalizzazione, efficientamento della pubblica amministrazione e promozione di politiche per lavoro di qualità e parità di genere. Solo un approccio coordinato potrà rilanciare salari, competitività, fiducia e sviluppo sociale del Paese, superando le scorciatoie inefficaci del passato.
La controversia tra Donald Trump e l’Università di Harvard nasce da accuse gravi di violazione della legge federale sui diritti civili, in particolare per presunte inadempienze nella tutela degli studenti ebrei contro episodi di antisemitismo nei campus. L’amministrazione Trump ha formalmente accusato Harvard di non aver adottato misure efficaci per proteggere gli studenti ebrei da minacce e discriminazioni, portando alla possibilità concreta di sospensione dei finanziamenti federali, fondamentali per l’ateneo. Harvard ha respinto tali accuse, sottolineando il proprio impegno per un ambiente inclusivo, ma la questione ha innescato un acceso dibattito pubblico sull’equilibrio tra tutela delle minoranze, libertà accademica e responsabilità istituzionale nella lotta contro ogni forma di discriminazione. Le leggi federali, in particolare il Title VI del Civil Rights Act del 1964, impongono politiche rigorose per le università che ricevono fondi pubblici, pena sanzioni severe. Questo caso, simile a precedenti episodi in altre università americane, potrebbe segnare un momento di svolta per il sistema accademico statunitense, spingendo a maggiori investimenti in programmi di diversità e inclusione e riforme legislative. La vicenda rimane aperta e potrebbe influenzare profondamente il ruolo delle università come luoghi di sicurezza, rispetto e accoglienza delle diversità alimentando un confronto costruttivo tra istituzioni universitarie e governo federale.
La riforma dell’istruzione superiore in Australia rappresenta una svolta cruciale con il lancio della Commissione per l’Istruzione Terziaria Interinale (ATEC) a luglio 2025. Questa iniziativa, nata dall’Accordo delle Università Australiane 2025, mira a modernizzare il sistema educativo nazionale migliorandone accessibilità, inclusività e qualità, con un particolare focus sulla coesione tra educazione professionale e universitaria. L’ATEC, composta da esperti accademici e professionali, si pone l’obiettivo di abbattere le barriere economiche e sociali che ancora limitano l’accesso agli studi, specialmente per studenti svantaggiati, e di introdurre percorsi formativi integrati per rispondere alle nuove esigenze del mercato del lavoro.
Il Ministro Jason Clare sottolinea l’importanza di investire nella rimozione degli ostacoli che tradizionalmente hanno penalizzato studenti provenienti da contesti difficili, confermando l’impegno del governo a sostenere l’uguaglianza educativa. Le strategie previste includono l’attuazione di programmi che permettano una transizione fluida tra istruzione tecnica e universitaria, grazie anche all’uso innovativo della tecnologia e alla collaborazione con il settore privato. Ciò contribuirà non solo all’inserimento lavorativo più efficace dei laureati ma anche a un sistema più flessibile e adattabile alle sfide future.
L’impatto atteso spazia dall’incremento delle competenze richieste dal mercato fino al rafforzamento della coesione sociale e della mobilità economica. Le reazioni positive degli stakeholder accademici e sociali, insieme all’attenzione posta al confronto internazionale, lasciano intravedere un percorso di riforma solido e innovativo. Tuttavia, le sfide da affrontare rimangono significative, a partire dalla necessità di mantenere un dialogo costante con i territori periferici e le comunità indigene, assicurando il finanziamento e la valutazione rigorosa delle misure adottate. Il successo dell’ATEC potrà segnare una nuova era per l’istruzione superiore australiana, ponendo l’Australia come modello internazionale di governance educativa inclusiva e dinamica.
Negli ultimi sei mesi, le politiche economiche dell’amministrazione Trump hanno profondamente influenzato gli equilibri globali, accentuando le tensioni tra Stati Uniti ed Europa. L’introduzione di dazi protezionistici su prodotti chiave come acciaio e alluminio è stata motivata dalla volontà di proteggere l’industria americana, ma ha avuto conseguenze significative: aumento dei costi produttivi, ritorsioni commerciali da parte di altri Paesi, calo dell’export e incertezza sugli investimenti esteri. La Federal Reserve, guidata da Jerome Powell, è stata limitata nella sua azione di stimolo economico a causa di queste tensioni commerciali, impedendo tagli ai tassi d’interesse che avrebbero potuto rilanciare l’economia statunitense.
Parallelamente, l’euro ha guadagnato un notevole 13% rispetto al dollaro nel primo semestre del 2025, effetto di una crescente fiducia nelle prospettive economiche europee, politiche fiscali più stabili e una finanza internazionale sempre più attratta dai mercati europei. Questo rafforzamento dell’euro ha reso più difficile per gli Stati Uniti l’export verso l’Europa, ne ha aumentato i costi di importazione e ha ridotto il ruolo centrale del dollaro come valuta di riferimento mondiale. Inoltre, la riforma fiscale di Trump, pur mirata a stimolare crescita e occupazione, ha aumentato significativamente il debito pubblico americano, condizioni che hanno spinto la Fed ad adottare una politica monetaria più cauta in un contesto complicato.
L’inflazione statunitense nel 2025 ha registrato una ripresa dovuta all’effetto combinato di costi di importazione più elevati, influenze indirette dei dazi, costi finanziari in aumento e incertezza sulle decisioni monetarie. Questi fattori hanno eroso il potere d’acquisto delle famiglie, riflettendosi in un calo del consenso popolare verso Trump, percepito come incapace di mantenere le promesse di crescita stabile. La risposta dei mercati globali non si è fatta attendere: capitali in fuga dagli asset americani verso quelli europei, consolidando la posizione dell’Europa come nuovo asse centrale della finanza mondiale e segnalando una possibile nuova fase degli equilibri economici internazionali, con importanti incognite per il futuro delle politiche statunitensi e globali.
Il film F1 prodotto da Apple, con protagonista Brad Pitt, ha registrato un successo straordinario al botteghino globale, incassando 144 milioni di dollari nel weekend di debutto e confermando l’esistenza di un forte interesse per i grandi eventi cinematografici anche nel panorama post-pandemico. Con un budget record tra 200 e 300 milioni di dollari, la produzione ha puntato su un altissimo livello tecnico e narrativo, sottolineato dalla partecipazione di Brad Pitt, che si è preparato intensamente per interpretare un ex campione di Formula 1. La sinergia tra la spettacolarità del motorsport e il cinema ha attratto sia appassionati sia nuovi pubblici, contribuendo a creare un’esperienza immersiva e realistica. Apple ha adottato una strategia ibrida di distribuzione che privilegia l’uscita in sala con una finestra di circa 80-90 giorni prima dell’arrivo in streaming su Apple TV+, bilanciando così tradizione e innovazione. Questo modello potrebbe segnare un nuovo paradigma nell’industria cinematografica, ponendo Apple come un protagonista globale e anticipando una futura competizione più agguerrita tra prodotti cinematografici e piattaforme digitali. In sintesi, il film F1 Apple non è solo un successo commerciale, ma un caso studio esemplare che ridefinisce le dinamiche di produzione, distribuzione e fruizione dei blockbuster nell’era digitale.
Il settore delle GPU per intelligenza artificiale è diventato cruciale nell’innovazione tecnologica globale, e Intel ha fatto un passo decisivo presentando nel corso dell’AI Summit 2025 di Seoul la sua nuova generazione di acceleratori AI e GPU, fra cui la serie Gaudi “Jaguar Shores” e le schede Arc AI per Edge AI. L’integrazione della memoria HBM4, sviluppata in collaborazione con SK Hynix, segna una pietra miliare destinata a ridefinire il mercato delle GPU AI e intensificare la concorrenza con NVIDIA.
Durante l’AI Summit 2025, Intel ha rivelato le sue innovazioni chiave: una famiglia di GPU Arc dedicate all’Edge AI, l’adozione futura della memoria HBM4 in prodotti di fascia alta e il lancio degli acceleratori Gaudi Jaguar Shores Intel, frutto di una solida collaborazione con SK Hynix. Questa strategia punta a colmare il gap tecnologico con NVIDIA tramite soluzioni estremamente performanti, efficienti e integrate, rivolgendosi ai requisiti delle reti neurali complesse, grandi dataset e ambiente edge-to-cloud.
La serie Jaguar Shores rappresenta un balzo tecnologico con architettura ottimizzata per training e inference, potenziata dalla memoria HBM4 che offre maggior larghezza di banda, più bassa latenza e capacità superiore rispetto alle precedenti generazioni. Intel si propone di consolidare la propria presenza sia nel mercato cloud sia in quello edge, puntando su prestazioni elevate, efficienza energetica e scalabilità, aprendo la strada a nuove applicazioni AI in ambiti come sanità, automotive e industria 4.0, e lanciando una sfida concreta a NVIDIA nel 2025.
L’homeschooling in Italia sta vivendo una crescita significativa, superando pregiudizi e luoghi comuni grazie all’approfondimento offerto dal saggio di Sergio Leali, presidente dell’Associazione Istruzione in Famiglia (LAIFA). Originariamente radicato in antiche pratiche educative familiari, l’homeschooling è tornato alla ribalta soprattutto dopo la pandemia, con un aumento del 300% delle famiglie interessate in pochi anni. Leali sottolinea come l’istruzione parentale non sia una negazione della scuola pubblica ma una risposta personalizzata a esigenze educative spesso trascurate dal sistema tradizionale, e affronta pregiudizi comuni quali le accuse di isolamento sociale o di scarsa qualità educativa. Nel saggio, vengono illustrati i quadri normativi che regolano la pratica, le esperienze di famiglie italiane, e riflessioni pedagogiche che evidenziano come l’homeschooling favorisca autonomia e consapevolezza nei ragazzi. Cruciale è il ruolo delle comunità di supporto che promuovono socializzazione e crescita emotiva, dimostrando che l’istruzione parentale non equivale a isolamento. Infine, il testo analizza vantaggi e criticità della scelta, invitando alla costruzione di politiche scolastiche inclusive e a un dibattito privo di stereotipi, per affrontare l’evoluzione di un sistema educativo sempre più pluralistico e personalizzato.
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